Non tutte le canzoni di Natale vengono per nuocere al Whamageddon

L’arrivo di dicembre porta con sé imprescindibili rituali. Le città si addobbano, le giornate si accorciano ancora di più ma poi a un certo punto cominciano ad allungarsi di nuovo, il numero di cene e di incontri in società subisce una crescita esponenziale prima dei mesi di letargo. E c’è qualcuno, da qualche parte, che partecipa al Whamageddon – prova ad arrivare a Natale senza sentire mai Last Christmas: se ti capita, hai perso. C’è però anche qualcuno che, con l’atteggiamento di chi crede di aver rinvenuto il codice alfanumerico che svela la chiave della vita, ci tiene a specificare che Last Christmas non è una canzone di Natale. Perché non c’è speranza, non ci sono luci, non ci sono buoni sentimenti. C’è una relazione che finisce e c’è l’annessa sofferenza.

Le canzoni di Natale più sincere, però, raramente ne parlano come di una festa.

Perché il Natale, e dicembre, si sa, hanno una capacità magistrale di mettere in luce la solitudine, l’insoddisfazione, l’insicurezza, i rapporti familiari incrinati e le relazioni messe ancora peggio. Ed è di questo, spesso, che viene voglia di cantare. Certo, le radio probabilmente passeranno con maggiore frequenza le catchy and happy “All I want for Christmas is you” o “Shake out Christmas” e non Natale con Ozzy“, e va anche bene così.

Qui, però, abbiamo voluto raccontare alcune canzoni che narrano il Natale, i giorni che lo precedono e quelli immediatamente dopo, senza ipocrisia o sentimenti forzati ma rispettando un integerrimo principio di realtà. Ché magari ne esce una piccola catarsi collettiva.

Soprattutto, abbiamo deciso di scrivere di queste canzoni perché le aspettative e l’insofferenza di dicembre, più volte, sono state il punto di partenza per la composizione di pezzi importanti. Che spesso ci si dimentica di ascoltare, perché lo faremo a dicembre. E volevamo assicurarci di farlo davvero.

L’abbiamo scritto a quattro mani, e per restare in tema, sappiate che per la scelta dell’ordine delle canzoni ci siamo affidati alla tombola (tranquilli, non sono 90 canzoni!).

Brunori Sas – Come stai

“di com’è triste il Natale senza mio padre

“Come stai? È la frase d’esordio del mondo” incipit stra-abusato nelle conversazioni, e in particolare per rompere il ghiaccio con la mia ex.

Oltre ad avermi inoltrato nel mondo dei mutui, è una canzone che fotografa un preciso momento del cantautore e ciò che lo circonda. In chiave rassegnata, stoica e con una amara nota malinconica.

Probabilmente la canzone che ha meno il vestito natalizio tra quelle citate. Quel “com’è triste il Natale senza mio padre” è un pugno al cuore ogni qualvolta lo ascolto e (quasi) automaticamente mi viene in mente appena si parla di questi fatidici giorni.

Brunori Sas ci lascia però con una chiusa positiva, affidata al fiorire delle rose, da sempre simbolo di rinascita. Perché no, ben augurante per il venturo anno e i relativi propositi.

Calcutta – Natalios

“è la notte di Natale anche per me!”

Era il mio primo concerto di Calcutta, dicembre 2016, e inevitabilmente c’era aria di Natale. Ci andai da solo e, dopo un’estate a cantare “Mainstream” in giro con un mio amico sul motorino (neppure fossimo in Caro Diario), arrivai preparato al concerto. Oltre a conoscere tutti i suoi lavori/live precedenti c’era “Natalios“, brano contenuto nella compilation in free download “Sorpresa di Natale” del 2014 (almeno fino a qualche anno fa, ora disponibile su Bandcamp). Scoperta qualche giorno prima della sera del concerto, ricordo che fummo in pochi a cantarla e fu davvero un bene. L’esibizione fu spiazzante, quelle note di piano fermarono il tempo. La solitudine, il freddo, l’aria di festa intorno.

Su Spotify è reperibile soltanto una versione live del brano (aggiunta nella versione Deluxe dell’album “Mainstream”) che, se da una parte mi riporta al concerto appena raccontato, mi sento di dire, senza quegli applausi avrebbe colpito ancora più a fondo l’animo. Lascio a voi il piacere di essere smentito.

Colapesce – Sospesi

“staremo sospesi dal 20 al 28 dicembre, fanculo le feste, i regali, i cenoni, i panettoni.”

Sono giorni strani, quelli dal 20 al 28 dicembre. Il tempo si ferma, i bilanci vanno chiusi e non c’è più tempo per gli aggiustamenti. Non si prendono decisioni, al massimo si affrontano le conseguenze di quelle prese nei mesi precedenti. È tempo di cene con i parenti di ogni grado, di saluti, di regali. Come sarebbe meglio, poter stare con chi si ama senza fare niente?

Offlaga Disco Pax – Venti minuti

“non ho mai condiviso le scelte di mio padre, l’ho odiato cordialmente, da sempre.

Un figlio che non è mai andato d’accordo con il padre, ormai morto. Un amico del padre che ogni anno, la Vigilia di Natale, lo chiama, e gli racconta aneddoti per venti minuti, dove appare invece come una persona meravigliosa. E l’ironia di questo rituale perfettamente cadenzato, che è lo stesso di quando il padre era ancora in vita – solo una volta chiamava, alla Vigilia di Natale. Questa è la storia che Max Collini racconta, con il solito talento che tiene col fiato sospeso fino all’epilogo.

Fine before you came – Natale/Cena

“ho addobbato un albero perché volevi un Natale, e quando sei tornata a casa non lo hai nemmeno visto, te l’ho dovuto far notare io.

I Fine Before You Came propongono un Natale emocore. Un brano arrabbiato, deluso, che a malincuore fa i conti con una relazione finita. Peggio ancora, fa i conti con una relazione che era finita ben prima che si decidesse di troncarla. Che neanche avevi notato l’albero di Natale che avevo montato – e lo avevo fatto solo per te.

I Camillas – Pop Natale

“a volte nelle notti di dicembre ritrovo anche tutto il mio decoro, credevo di essere un signore e invece non sono che un pandoro.”

Un brano pop minimale, alla chitarra, scandito da un Ba-Ba-Bauli che si ripete come un mantra tra le strofe. È una canzone ironica, assurda, che tra paradossi e coup de théâtre prova ad affrontare l’agonia di dicembre da un’altra prospettiva. Quella che consente di non prendere troppo sul serio quello che accade intorno. Ché se siamo noi i primi a non credere che sia vero, forse non lo è davvero.

I Cani – Il pranzo di Santo Stefano

“il primo Natale che tornai a Roma in anticipo, non ero preparato alle tue zie di Firenze

Canzone hipster/indie di Natale degli anni ’10 per eccellenza, ha ormai segnato, in attesa del famigerato 4° album, un anniversario di commemorazione tra i fan più irriducibili de I Cani, alla stregua di un Contessa-day.

Due minuti e dieci secondi in cui Niccolò Contessa sapientemente riesce a condensare ciò che accade in (quasi) tutte le famiglie italiche nel periodo natalizio, costrette cioè da uno dei potere alti più forti esistenti, “la tradizione”, a condividere quei pochi giorni di festa con persone che nel quotidiano preferiremmo evitare. Spesso legati da un vincolo affettivo.

Quando ascolto questo brano, il particolare delle zie di Firenze mi porta sempre a pensare a tutti quei parenti dei nostri ex di cui ancora abbiamo memoria: visti anche solo mezza volta, spesso reduci (e intrusi) nelle foto di famiglia a sugellare l’occasione, chissà che fine hanno fatto e se si ricordano ancora di me come io di loro.

Messe da parte le mie parentesi, nichilista prima e amarcord poi, il brano chiude quindi con un finale che non ti aspetti: flash forward a quattro anni dopo con plot twist.

Galeffi – Mai Natale

è Natale solo, solo, solo, solo con te

Può sembrare la canzone basic di Galeffi con le vocali allungate (e probabilmente lo è). In aggiunta però c’è il clima natalizio. Una canzone pop in cui si cerca di recuperare una relazione sentimentale in crisi, dicendo alla controparte cose come: “senza te non è più Natale”.

Ho sempre ritenuto questo pezzo perfetto per uno di quegli sceneggiati Rai “purché finisca bene”, trasmesso durante la pausa natalizia. Ahimè la sua tenerezza, quasi ingenua, mi becca (per non dire “fotte”) sempre.

Atlante – Domani è Natale

“rimpiangerò gli anni in cui stavo ad aspettarti per ore prima che arrivassi, la magia rimane ma non nevica più.

Anche “Domani è Natale” è un pezzo che narra l’ipocrisia e la disillusione con cui fare i conti durante le feste, ma possiede due caratteristiche particolari. Il lessico, ché ci vuole talento per chiamare uno sguardo attonito, dissonate, contro tempo, più acido del vomito. E soprattutto, è un pezzo rock suonato da una rockband. Perché a volte l’unico modo per sopravvivere a dicembre è pestare sui piatti della batteria con tutta la forza del mondo.

Cosmo – Dicembre

“manca poco a Natale, stasera fa un freddo cane e tu bruci dentro, il tuo telefono è spento – ma ti ha cercato tuo padre.”

Nella natura dell’artista di Ivrea, “Dicembre” è un pezzo da ballare, con un ottimo synth. Ma la danza è tutt’altro che spensierata. Cosmo scrive una lettera a una ragazza, raccontando che capisce molto bene come lei si sente. È arrivato dicembre, tutti intorno sembrano avercela fatta, nella vita, e tu invece devi tornare a casa dai tuoi genitori. Che ti cercano, ti vorrebbero parlare, ti vorrebbero chiamare, ma tu non vuoi, hai deciso di andare via. E non lo saprai mai, che tuo padre alla fine voleva solo ammirarti. Eh. Dicevamo, non è sempre tutto Mariah Carey, qui.

Cambogia – Millennial

“buon anno amore!

Frutto di un progetto musicale mai esistito e creato dal collettivo Ground’s Orange, volto sia a manifestare/mettere alla prova le proprie capacità video-musicali che a denunciare l’omologazione che cominciò a coinvolgere l’indie dagli anni ‘10 post Calcutta, Cambogia vive ancora ardentemente nel mio cuore grazie all’unico album diffuso (e tuttora ascoltabile) “La sottrazione della gioia“.

Millennial” è un pezzo-dedica allo stereotipo della ragazza “indie” cantata da Lo Stato Sociale in “Mi sono Rotto il cazzo” o da I Cani in “Hipsteria”. Una fantomatica figura incastrata in quella dimensione post liceale in cui si vuole fare tutto, spaccare il mondo, ma che vede scontrare le proprie aspirazioni e velleità con la realtà, finendo dunque per essere travolti dagli eventi, o meglio “in ammollo tra le onde della vita”.

Pezzo che, tra l’altro, ammicca anche un po’ a quel Max Pezzali oggi tornato pesantemente in voga.

Un brano dal ritmo uptempo che metterei in qualsiasi playlist di fine anno perché a “Capodanno, ti fai conti in tasca, gli altri ballano e tu fuori”, dopo le 00:00 però (magari mi legge il comune di Bologna).

Brunori Sas – La Vigilia di Natale

“quest’anno a Natale volevo scappare.”

La monotonia, la stanchezza degli anni passati, un’atmosfera soffocante. Le feste natalizie portano con sé spesso momenti di riflessione. Come le banche, la Finanziaria e le società, gli individui fanno bilanci, soprattutto personali. Banalmente ci si rende anche solo conto di essere invecchiati di un altro anno.

Cosa siamo? Le cose preventivate/immaginate/desiderate a che punto sono?

Sicuramente una canzone da cui prendere spunto per non mettere da parte i propri obiettivi, per Vivere e poi non ritrovarsi con i rimorsi è proprio “La Vigilia di Natale” di Brunori Sas.

N.B. Attenzione a non farsi prendere dalla FOMO però!

Carmen Consoli – Guarda l’alba

“ho indossato una faccia nuova su un vestito di cerimonia, e ho sepolto il desiderio intrepido di averti affianco.”

Tra tutti quanti, “Guarda l’alba” è il brano più di tutti intriso di speranza. Sorretto da un’elegante orchestrazione, nel pezzo, musicato da Tiziano Ferro, la “cantantessa” racconta di uno dei più spaventosi titani contro cui lottare a Natale: l’assenza. Che sia quella di chi si ama che sta trascorrendo il Natale da un’altra parte, quella di relazioni concluse, o quella di un genitore che non c’è più. Il Natale, come ogni chiusura di bilancio, può anche servire per ripartire. Che comunque, il sole sorgerà anche domani.

Di Filippo Colombo e Simone Moggio

La nostra playlist di Natale

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