Quel 9 maggio in cui scopriremo il vero “Segreto di Liberato”, smetteremo di sognare
Negli anni dell’iper-riproduzione di sé sui social e della smania di dover mostrare smisuratamente le proprie vite wow per creare nell’altro quell’effetto fomo, Liberato ha fatto scacco matto a tutti: ha creato interesse senza apparire, ma rendendo allo stesso tempo sempre più attratto il suo pubblico da tutta la mitologia creatasi intorno alla sua figura. Il successo, figlio dell’hype, dell’anonimato e dell’incontro magico tra tradizione napoletana e musica elettronica, è passato principalmente attraverso storie di persone profondamente umane. Queste storie sono state recentemente raccontate in un film, “Il Segreto di Liberato”, diretto da Francesco Lettieri.
Napoli da cartolina e la capacità di creare interesse senza un volto
La cornice del progetto è Napoli, città che sia musicalmente che televisivamente negli ultimi tempi è sotto i riflettori. Geolier, Mare fuori, Elena Ferrante, ma se ci pensiamo bene è Liberato che dal 2017 cantando in dialetto con il suo successo nazionale ha dato una nuova dimensione “pop” al napoletano. Addirittura potremmo dire “internazionale”, dato che si è esibito negli anni in alcuni club e festival europei e di recente al Primavera Sound di Barcellona.
Come per tutti i contemporanei emergenti, il progetto nasceva in modo decisamente amatoriale tra amici. Produzione da 250€ e backstage in un garage di Napoli, furono i potenti mezzi con cui si raggiunsero le tantissime views dei primi video. Fin dagli inizi le tracce e il progetto destarono la curiosità di stampa e pubblico che si “intripparono” sempre di più. Trovatelo un artista per cui la stessa data di ogni anno tutti si riversano sui suoi social perché si aspettano da lui qualcosa, che sia un altro indizio sulla sua figura o il release dell’album o di un singolo.
Quest’anno Il 9 Maggio 2024 gli indizi sono stati, invece, raccolti in un film in collaborazione con Netflix, proiettato nelle sale, che dal titolo “Il Segreto di Liberato” sembrava far intuire un artistico coming out. Ma effettivamente, come potevamo pensare e sperare che dopo tutti questi anni avesse davvero l’intenzione di svelare la propria identità?
Il Segreto di Liberato: tre generi in uno ma ancora nessuna identità
Il film, diretto da Francesco Lettieri braccio destro del progetto fin dall’inizio e da Giorgio Testi, è un’opera a tutto tondo, un incastro tra realtà e finzione.
Tre parti lo compongono: i live col documentario dei backstage, le interviste che raccontano il percorso di Liberato dall’underground al nazionalpopolare e l’animazione che ripercorre la sua infanzia. È un documentario con testimonianze su una figura che non vuole essere rivelata, mixate con scene di preparazione ai live e sezioni animate. Il confine tra tutto questo è talmente impercettibile che risulta tutto molto credibile.
La cornice napoletana, con le sue anime e misteri
La Napoli, altra protagonista del film, che viene raccontata in tutte le sue anime è quella autentica, prima che venisse invasa dal turismo di massa. La Napoli con le sue leggende, dal Munaciello al sangue di San Gennaro, dalla sirena Partenope al segreto di Pulcinella.
Il Segreto di Liberato è un film onirico in napoletano stretto con sottotitoli, ma per capirlo non serve conoscerlo, si ascolta con il cuore. Il napoletano è la lingua del sentimento struggente e malinconico. È la lingua dello stupore, commistione di più culture e realtà, sa creare bellezza facendo eco alle molteplici anime della città. Questa commistione nel film viene impersonificata nella figura di Adam, unione di due mondi lontani. È proprio all’attore scomparso prematuramente, protagonista di alcuni video di Liberato, che è dedicato tutto il film.
Ripercorrere la carriera dall’altro lato della medaglia
Il film non toglie la maschera a Liberato. Non è altro che un modo per tenere chi guarda ancora più legato alla storia e partecipe di tutto. Alimenta il mito raccontando gli step, dando indizi di come è stato realizzato il progetto nel corso del tempo. Pone attenzione ai dettagli e ci porta all’interno dei backstage di quei momenti che hanno segnato la storia di Liberato. Ci racconta dei post iconici della sua carriera, del quasi scivolone nel sito della SIAE e del concerto “bluff” con l’alter ego Calcutta al Mi Ami Festival 2017 ma non solo.
Il film inizia col suo “c’era una volta”: l’invio di un file musicale da un profilo anonimo a Francesco Lettieri che in quel momento era reduce dalla direzione del videoclip di “Cosa mi manchi a fare” di Calcutta. Lettieri accetta di dirigere il video di “NOVE MAGGIO”. Da quel momento in poi arrivarono, insieme alla curiosità generale, un sacco di views, la necessità urgente di un manager e il bisogno di capire come diventare master di logistica per celare l’identità dell’artista ai gate aerei.
Se c’è qualcosa che “Il Segreto di Liberato” ha rivelato è il lato umano di chi c’è dietro il progetto. La personalità di Liberato descritta nel film appare diversa da quella che avevamo immaginato. Ritroviamo un ragazzo legato alla sua terra e al suo mare, un tifoso del Napoli che ha coronato un sogno cantando alla festa dello scudetto allo Stadio Maradona, un guaglione probabilmente cresciuto tra i vicoli di una città oggi sempre più affollata e asfissiata da turisti.
Dare indizi senza mai svelare
I cortometraggi panoramici di vita quotidiana sul Golfo, signore dal parrucchiere, il barbiere, il mercato, colorano il romanticismo della città. Lettieri ha la necessità di descrivere Napoli nel modo che si merita e non legato agli stereotipi. Allo stesso tempo la musica e i testi delle canzoni del cantante partenopeo si sposano molto bene con tutto ciò.
Liberato è bravo, infatti, a recuperare il cliché della cartolina e a tirar fuori l’anima di una città che è sempre stata descritta come scappata di mano. I flashback sulla sua infanzia sono anche questi verosimili e per descriverli Lettieri ricorre agli anime giapponesi ambientati a Napoli. L’attenzione ai dettagli nella parte animata è minuziosa perché sono tutti indizi utili alla caccia al tesoro della identità di Liberato. La maschera di pulcinella che indossava da bambino, i caschetti dei Daft Punk nella cameretta, il poster di Pino Daniele, l’amore per Lucia. Quest’ultima spiega a chi è dedicato l’ultimo singolo ma anche la scelta del Giappone e la simbologia di 9 maggio.
Il cartone animato ci dice di più sulla gavetta musicale: la passione della musica elettronica, lo studio della filosofia a uno dei licei di Napoli. I registi in sala ci assicurano che il progetto Liberato non è una trovata di marketing ma sono tutte sue idee geniali incastrate perfettamente. Il racconto fantasioso che ne deriva, incentiva il mito e ha la duplice funzione di spiegare l’infanzia e di colorare ancor di più la storia di una figura complessa, contradditoria, appassionante. Liberato è colui che ha unito mondi diversi, che ha dato una nuova immagine di Napoli, distaccata dagli stereotipi; ha unito storia e slang giovanile e l’ha fatta comunicare con l’ultracontemporaneità.
Il regalo più grande è l’immaginazione
Il fatto che non si conosca il suo volto, è un groviglio di sogni e fa sì che ognuno lo completi con quello che vuole. Son sempre girate in merito le teorie più assurde.
Oggi dopo 7 anni dalla prima anonima apparizione ne deduciamo che la sua identità è secondaria o addirittura insignificante. Le persone vogliono sognare e non vedono l’ora di prendere parte alla prossima tappa, piuttosto che conoscere il nome e cognome di Liberato. La “napoletaneità” è sempre più sentita e lo slancio verso l’estero è evidente, come si denota dal successo della sua esibizione al Primavera Sound e dalla preannunciata presenza in altri festival Europei.
Liberato rinunciando alla fama, ci sta dando tutto: la sua musica, l’anima romantica e verace di Napoli, la magica commistione di più culture. Esclude tutto il resto, tutto il superfluo e non ci ha mai dato la sua identità. Questa privazione è un regalo che ci fa pensare che se Liberato è nessuno, allora tutti possiamo essere Liberato.
Dopo 7 anni non sappiamo ancora nulla e forse siamo più confusi di prima. Ma cosa ci interessa ormai? Quello su cui siamo certi è che questo progetto finirà solo quando lui svelerà la sua identità.
Quel giorno significherà che non saremo più liberi di essere ciò che vogliamo.
Claudia Verini
Sinologa e Musicista. Made in Umbria, ma vivo altrove. Lavoro nella moda, ma solo con la radio in sottofondo. Devo avere ogni giorno qualcosa da raccontare, tant'è che mi piace viaggiare fisicamente e mentalmente. La Sinestesia è la mia figura retorica preferita.