rovere incendiari e Pinguini radioattivi, live report al Teatro della Concordia
Avete mai visto un pinguino gigante suonare i Coldplay alla tastiera? E un reggiseno volare sul palco con un account Instagram scritto sulla coppa a pennarello indelebile? (Che poi si rivelerà essere il profilo di un ragazzino quattordicenne con una sola foto in bacheca ma che dopo questo eroico gesto ha racimolato più follower di me). No? Allora non dovete fare altro che continuare a leggere.
È l’11 Aprile e alle 20:30 in punto la sala concerti del Teatro della Concordia di Venaria è già stracolma. Sold-out.
Buona parte delle prime file è inaccessibile e, a parte qualche spilungone cresciuto molto in fretta durante fase di sviluppo e qualche genitore, il campo di vista è sgombro e il palco si vede perfettamente. Nonostante questo, io e Federica, ovvero il reparto fotografia, ci infiltriamo fino ad arrivare quasi alle transenne, grazie anche all’aiuto di amici che intravediamo nella folla, in rappresentanza del pubblico over 25 che occupa, invece, la seconda parte della sala. Qualcuno starà pensando: ecco, i soliti italiani, ma chi non l’ha mai fatto almeno una volta? Inoltre è per una buona causa, noi figliastri della comunicazione digitale (webzine) non abbiamo il pass per stare sottopalco e nemmeno dietro le quinte, ci arrangiamo come possiamo. In realtà sarebbe utile per le fotografie, chi scrive invece ha bisogno respirare l’atmosfera del concerto in mezzo alla folla, che questa sera sa di Teen Spirit.
Quando i 3+2 rovere escono uno a uno da dietro le quinte, la sensazione è quella di assistere al concerto degli U2.
Il pubblico è in visibilio: siamo capitati in mezzo al caldissimo fanclub dei rovere. A furia di far scintille rischiano incendiarsi per autocombustione. Si sa che il legno di rovere è ottimo da ardere. I suoni sono impeccabili e la performance è estremamente frizzante, i rovere si sposano perfettamente con l’attitudine dei Pinguini, che si stanno preparando dietro le quinte. In aggiunta scopriamo dalle parole di Nelson, leader della band bolognese, che alcuni dei brani che hanno suonato sono stati prodotti da Riccardo Zanotti, voce dei Pinguini, il quale ha collaborato anche per la stesura dei testi. Il concerto continua con le atmosfere Hawaiane suonate su una calda spiaggia tropicale con l’Ukulele e i cori pop-punk/rock che ricordano gli albori dei Finley e tanta nostalgia.
Prima dell’ultimo brano la band scatta la tradizionale foto di rito previa domanda rivolta al pubblico torinese chiedendo cosa c’è di tradizionale in città. Qualcuno risponde Museo Egizio, io ho suggerito Banga Caöda o Bicerìn ma è ormai troppo tardi, Museo Egizio diventa la parola da urlare mentre Nelson scatta il selfie rivolto verso il pubblico. I rovere salutano, ci rivedremo più tardi grazie a un’incursione un po’ illegale nei camerini per scattare alcune Polaroid con la Band (grazie Annalisa ndr).
Hemingway, Pink Floyd, Pokémon, Daft Punk, Playstation, astronomi caduti in disgrazia, L’indiano di De André: queste sono alcune delle citazioni musicali e letterarie in cui ci possiamo imbattere a un concerto dei Pinguini Tattici Nucleari.
Mi chiedo cosa pensi la signora dai capelli bianchi che ha accompagnato i figli nel bel mezzo del pubblico, alla fine si starà divertendo anche lei, non può essere indignata o scandalizzata nonostante la storia che Zanotti racconta, sull’astronomo che parte per un viaggio durato otto anni verso l’Asia per calcolare la distanza tra la Terra e Venere. L’astronomo in questione non riuscirà mai nel suo intento e, al suo ritorno in patria, cadrà in disgrazia perdendo moglie, casa e cattedra all’università. Oltre il danno anche la beffa, ma lui non demorde e si rifà una vita con una cortigiana, insomma una prostituta.
Sono sicuro che la signora non si è indignata nemmeno di fronte alla canzone sui “friends with benefit”, più volgarmente chiamati scopamici, che suscitano un moto ormonale non indifferente, scaturito nel lancio di un reggiseno sul palco che Zanotti raccoglie esclamando sincero: “Grazie, è per questo che suoniamo”. Poi legge il contenuto: un account Instagram che ho segnato insieme agli appunti del concerto sul telefono, un commento forse alla taglia del reggiseno “Scusa per l’aborto” e una massima tratta probabilmente da qualche filosofo presocratico, un sofista o un cinico, non ricordo: “La figa è come una moka, se la usi spesso puoi anche non lavarla”. Ora che ci penso potrebbe essere anche della Scuola di Mileto.
Fotografie di Federica Da Lio