Torino. Magazzino Sul Po. Concerto di Scarda. 17 novembre 2018. Io che accenno a una corsetta lungo i Murazzi cercando di trascinare anche un paio di amici miei, convintisi all’ultimo a venire e non proprio di loro spontanea volontà. Per non dire costretti. Beh sì da me, da chi sennò?
“Dai raga diamoci una mossa”. Livello di ritardo accumulato: imbarazzante, ed è dire poco. In genere confido sempre negli orari poco realistici delle scalette dei live ma questa volta sbaglio rovinosamente a fare i conti. Mea culpa. Comunque peggio per me, non credo che a quei malcapitati dei miei companeros, finiti lì per sbaglio, dispiaccia più di tanto. Fatto sta che alla fine decidiamo di ripiegare su un’entrata in grande stile, al quarto o addirittura quinto pezzo. Il concerto, lo ripeto, è quello di Scarda, al secolo Domenico “Nico” Scardamaglio.
Un baffone di 32 anni, calabrese di adozione (di lunga data), quello che, per capirsi, nella copertina del suo secondo album, Tormentone (2018), pare la versione un po’ più robusta di Marco Rissa, il chitarrista/bassista/tastierista/braccio destro di Tommy Paradise/tuttofare dei Thegiornalisti, per chi non lo sapesse.
A partire dall’esordio discografico con I Piedi Sul Cruscotto (2014), Scarda è salito alla ribalta soprattutto per tre motivi:
- La candidatura ai David di Donatello 2014 per la soundtrack del film Smetto quando voglio.
- Quella al Premio Tenco 2015 come Miglior “opera prima”.
- L’essersi indiscussamente affermato nell’it-pop odierno, soprattutto con il suo ultimo lavoro, come Mr Sentimental-one per antonomasia. A onor di cronaca:
“…lo so che ora è finita
mi hai lasciato nel tuo cuore non
nella tua vita” [Bianca]
“…sicuro stai vedendo qualcun altro
Ed io coglione che ti scrivo affranto
Perché da soli non riusciamo a starci” [Palazzina gialla]
“…è nata di fuoco e poi si è spenta col pianto
È durata giusto il tempo in cui si capisce
La chiamavi niente, così niente finisce” [Non relazione]
“…lui non se ne vorrebbe andare ma ormai il
sole è sorto e voi invece siete un tramonto” [Tramonto]
E potrei proseguire ancora, ad infinitum. Oh, ci tengo a precisarlo: caro Nico c’hai tutta la mia comprensione, nonché la mia solidarietà incondizionata. Si perché ti starò pure prendendo in giro, però sono anche fermamente convinta che tutte le pare, le sfighe, le cose che non vanno come devono andare, i film mentali che ci siamo fatti e che sempre ci faremo, le attese inutili, le speranze disattese, tu le riesca a cogliere centrando in pieno l’obiettivo, e a riportarle nelle tue canzoni con un linguaggio così chiaro, diretto, senza troppi fronzoli o pretese da artista sofisticato, che chiunque vi può arrivare a riconoscersi senza difficoltà e a identificarvisi al primo ascolto.
Insomma, non si sta mica a parlà di noccioline, eppure Scarda è in grado di trattare il tutto senza pesantezza e – attenzione, frase un po’ Tumblr – di sorridere amaramente, ma comunque di sorridere. E se ci si pensa, è già qualcosa. E poi diciamocelo, non sempre si è così onesti e in un certo senso così coraggiosi, da decidere di voler mostrare agli altri la parte di sé più vulnerabile, più sensibile, più umana. Senza riserve. Scarda ce la fa, e ce la fa talmente bene da riuscire a creare, nel momento del live, un’atmosfera di intimità palpabile. Lui è un primus inter pares, per cui è come se si fosse tutti sullo stesso pieno – rispetto a certe cose anche tutti un po’ “sfigati” allo stesso modo – ma non ci si vergogna ad ammetterlo, anzi ci si sente inspiegabilmente a proprio agio e in pace con se stessi.
Il clima che si instaura è talmente familiare da far venire voglia di salire sul palco per andare ad abbracciarlo. Sarò anche esagerata ma in fondo dai, come si fa a non volergli bene?
Ciò non toglie che anche un “Nico, ripijate!” gridato da qualcuno laggiù dal pubblico non ci starebbe affatto male.
Foto in copertina di @sailorbuzz