I Cugini di Campagna, fedeli a se stessi nel cangiante mondo della musica leggera
La loro immediatezza coinvolgente va a braccetto con la trasparenza e l’assenza di maschere, nonostante una grandissima e atavica passione per i costumi di scena. Ma poi sanno anche ricorrere alla complessa sintesi hegeliana per spiegare il rientro in formazione di Nick Luciani. E, soprattutto, possiedono la preziosa capacità di essere talmente ironici ed autoironici da poter affrontare argomenti serissimi senza mai apparire spocchiosi. Questo è quello che ho imparato sui Cugini di Campagna durante la mia chiacchierata con Tiziano Leonardi, tastierista del gruppo.
«Chiedo scusa, sono desolato! Avevo il cellulare in modalità aereo e stavo in piedi come un cretino ad aspettare questa telefonata, domandandomi perfino perché non arrivasse»
Inizia ridendo l’intervista al “pulcino” dei Cugini di Campagna, entrato in formazione nel 2012 ma così perfettamente integrato nel gruppo da poterne far parte fin dal principio.
Prima di tutto, come state?
«Stiamo vivendo quest’ultimo periodo in una sorta di tensione buona. Per capirci, proprio quella che ti fa dimenticare il cellulare in modalità aereo mentre aspetti l’intervista. In generale siamo piuttosto tranquilli. Stiamo approfittando di questi giorni per organizzare al meglio tutto quello che dobbiamo fare, per ripassare il brano e soprattutto provare i costumi, che sono una parte fondamentale del nostro essere band. C’è da capire se sono da stringere oppure da allargare»
Ma l’attesa sanremese fa più ingrassare o dimagrire?
«A me ha fatto dimagrire, non so se agli altri ha stimolato qualche reazione di fame nervosa, ma per ora sembrerebbe di no. – ride Tiziano, in un modo così simile ad Amadeus (Mozart nell’omonimo film di Miloš Forman, non il conduttore di Sanremo) da contagiare anche la sottoscritta – Siamo abbastanza in linea con gli standard di sempre: generalmente in forma»
In forma come può esserlo una band al proprio esordio, poco importa se con oltre 50 anni di carriera alle spalle.
«Quando Amadeus (stavolta il conduttore di Sanremo, ndr) ha annunciato i nomi dei cantanti in gara, ricordo che era domenica, ora di pranzo, e la parmigiana mi si è praticamente rivoltata nello stomaco. A parte gli scherzi, l’emozione di questo palco la sentiamo tutta e la cosa che più ci ha fatto divertire è il modo in cui la nostra partecipazione è balzata alle cronache. Titoli della serie “I Cugini di Campagna esordienti a Sanremo” ci hanno fatto in realtà un enorme piacere, perché è proprio così! Sanremo mancava al curriculum, ma non per questo vogliamo viverlo come un omaggio alla nostra carriera bensì come un’opportunità ancora futuribile. Abbiamo sempre il desiderio di crescere»
Per un artista è forse anche più motivante concorrere in gara piuttosto che figurare come ospite.
«È un pensiero che ci ha accompagnato parecchio. Nelle fantasie emerse durante gli anni era balenata anche l’ipotesi di presentarci fuori concorso ma ad oggi posso dire che, almeno personalmente, il fatto di essere in gara stimola il modo di fare musica ad un livello che la semplice ospitata non riuscirebbe ad eguagliare. Sempre ribadendo il concetto che è proprio al futuro che vogliamo guardare. Perché ancora non siamo dei pezzi da museo»
In questo senso, essendo il più giovane del gruppo (Tiziano ha 38 anni, ndr), è naturale chiedersi come ti sei avvicinato alla musica dei Cugini di Campagna. In che modo è iniziata la tua collaborazione con loro?
«Come spesso accade, tutto partì con un’audizione. Ed era un provino davvero tosto. Il primo brano che suonai fu Firth of fifth dei Genesis, al doppio della velocità, per far capire agli altri che le doti da tastierista non mi mancavano. Poi mi è stato consegnato uno spartito, il controcanto di Meravigliosamente, per vedere come me la cavavo con il falsetto. Andò bene. Ivano (Michetti, storico leader del gruppo, ndr) mi disse: “Tu stai con noi!”. Ricordo che era agosto e che avevo in programma altri impegni, più personali che lavorativi, ma la perentorietà con cui i Cugini di Campagna mi opzionarono fu totale. E anche adesso le vacanze sono residuali, ma per una vita dedicata alla musica si fa questo ed altro»
Pensi che nel 2023 il vostro gruppo possa riuscire a dialogare ancora con le nuove generazioni?
«Una cosa che all’inizio ha stupito anche me è come ci sia, nel caso dei Cugini di Campagna, una chiave di lettura e di ascolto adatta per qualsiasi età. I bambini rimangono affascinati da questi quattro personaggi in cerca d’autore, molto ironici e curiosi. I ragazzi più grandi partono magari da questa stessa ironia, sempre comunque rispettosa, per tramutarla con il tempo in affetto. Poi c’è la consapevolezza degli adulti e di coloro che ricordano i Cugini di Campagna nella compagine anni Settanta. E questo perché hanno vissuto quegli anni lì e, ad ogni nota che intoniamo, respirano aria di famiglia. Innestarsi nei ricordi delle persone è la missione della musica pop ed è importantissimo anche per noi. Poi, secondo me, questo crossover con un gruppo più giovane come La Rappresentante di Lista funziona molto. Ci permette di parlare alle nuove generazioni e rivestirci di una modernità nuova»
“Lettera 22” infatti, il brano che portate in gara, è stato scritto e pensato da Dario e Veronica. Come veste questa canzone su di voi?
«La leva emotiva di un brano riguarda quasi totalmente l’artista che lo compone, ma devo dire che in questo caso noi ci siamo veramente allineati alla poetica del pezzo. Lo sentiamo molto nostro. Come il titolo già suggerisce, Lettera 22 parla di cercare, in un alfabeto di ventuno lettere, proprio la ventiduesima, quella inesistente. Significa cercare qualcosa che non c’è, o che si fa difficoltà a trovare. Tutto il brano è pervaso da questo senso di ricerca»
La suggestione che ho avuto io è che questa “Lettera 22” possa essere proprio la musica, capace di arricchire il nostro linguaggio come una lettera dell’alfabeto in più.
«Potrebbe essere. È una lettura un po’ metafisica, quasi schopenhaueriana»
Eh, ma io mi sono laureata in filosofia.
«Guarda, quasi quasi quest’interpretazione me la rigioco in un’altra intervista. – ride Tiziano – Comunque, a parte gli scherzi, è una lettura molto bella perché si insiste sempre sul piano concreto, quando in verità la musica potrebbe essere quella dimensione verticale capace di far assurgere proprio questa ricerca della cosa giusta, delle parole giuste, ad un altro livello»
Tornando su piani più terreni, e a livello del palco dell’Ariston, quante volte come band avete provato ad entrare nella rosa?
«Il discorso può essere emerso spesso, ma nella pratica il gruppo tentò un’unica volta, nel 1998. Il brano era La nostra Terra, una canzone scritta musicando un testo di papa Wojtyla, e piacque parecchio. Ma poi la Rai lo respinse, su protesta di alcune case discografiche: chi avrebbe osato non far vincere il papa? Però non ci demmo per vinti, dunque quest’anno eccoci finalmente qua»
Fra l’altro, sarà molto bello vedervi a Sanremo con Nick Luciani di nuovo in formazione. Dal suo rientro nel 2021 avete trovato una nuova energia?
«Sicuramente sì. Chiunque sia stato, negli anni, con i Cugini di Campagna ha dato un suo importante contributo al progetto intero, questo va detto. Ovviamente ognuno ha le sue caratteristiche peculiari, ma è bello che i ritorni esistano perché significa che le persone sanno ritrovarsi. E ritrovarsi è un valore, oltre che un segno di grande intelligenza umana. Chiarirsi, parlarsi, ricongiungersi: tu che sei filosofa dovresti saperlo!»
Che cosa?
«Si tratta chiaramente della sintesi hegeliana! La riaffermazione del positivo e il superamento dell’antitesi, dello scontro. Alla fine, se nel corso dell’esistenza riusciamo a superare le impasse cucendo gli strappi, di qualunque genere essi siano, si può andare avanti con più consapevolezza. Non sempre accade eh, ma è la vita!»
“La forza della vita” è invece il titolo del brano che, insieme al sempiterno “Anima mia”, presenterete durante la serata delle cover, con Paolo Vallesi stesso ad accompagnarvi.
«Che spettacolo! E che regalo! Vallesi poi è una persona piacevolissima e ci siamo trovati subito da dio. Non vediamo l’ora: sarà un bell’accostamento, ne sono certo»
Qual è allora per voi la forza della vita?
«Anima mia! – esclama Tiziano, ridendo sguaiatamente, come di fatto non abbiamo mai smesso di fare per tutta la durata dell’intervista – Ma anche in questa battuta c’è un fondo di verità. Oltre ad essere la nostra canzone chiave, alla quale dobbiamo moltissimo, Anima mia è un brano che ti permette, mentre lo canti, ti percepire davvero ciò che accade fra il pubblico. Quando parte il ritornello, l’affetto delle persone è spontaneo e sincero. Non tanto nei nostri confronti, ma proprio fra di loro. È uno di quegli inni che trascendono il tempo, capaci di far cantare all’unisono perfetti estranei. Se la musica è la Lettera 22 che dicevamo prima, Anima mia incarna proprio questo significato di elevazione. E per noi è qualcosa di prezioso, soprattutto durante le tournée all’estero. Ci muoviamo molto in America, fra la East Coast e il Canada: sentire tanti italiani emigrati che cantano “anima mia torna a casa tua” vale davvero triplo, è una detonazione emotiva enorme»
(E qui le risate che finora hanno imperato si trasformano in un’altrettanto allegra dolcezza)
«Ricordo un concerto del 2016 a Mississauga, – prosegue Tiziano – una città vicinissima a Toronto. C’erano un sacco di persone quella sera ma nel backstage riuscì a farsi largo una signora molto anziana, credo di origini calabresi, che nella sua semplicità ci chiese: “Tornate pure domani?”. E lì capii che lei, durante quel concerto, si era emozionata davvero tanto. Vedi, noi crediamo veramente che la semplicità non sia assenza di contenuti, ma purezza di ciò che viene detto o fatto. Siamo orgogliosi di evocare emozioni in tutte le persone, anche e soprattutto con la nostra stessa semplicità ed immediatezza»
È una grandissima dote.
«Ti ringrazio»
E a conclusione di questa nostra chiacchierata, ci sveli qual è il podio di Sanremo 2023 per i Cugini di Campagna?
«Se vuoi posso dirti già chi vince»
Vai!
«Massimo Ranieri! – esclama Tiziano, esplodendo poi nell’ennesima risata – Anche se a livello di contesto, più geografico che prettamente musicale, abbiamo un bel feeling con Ultimo. È cresciuto a Roma, ha frequentato i quartieri nostri, come San Basilio, anche se in ere un pochino differenti. Però abbiamo una sorta di continuità con lui, il che ci fa molta simpatia. Accade per esempio di capitare, a giorni alterni, nello stesso bar. Si creano situazioni molto divertenti ed è impossibile non simpatizzare con lui, anche per una possibile vittoria sanremese. In generale però ci auguriamo senz’altro una cosa»
Quale?
«Che Sanremo sia un’occasione di incontro e dialogo per noi artisti. Non è più come un tempo, quando bastava presentarsi in gara e cantare una canzone. Oggi percepisco l’avventura sanremese come una possibilità di ampliare il proprio raggio, musicalmente e umanamente parlando»
E poi c’è il Fantasanremo! Io vi ho messo in squadra eh.
«Non ce n’è per nessuno, su quello siamo già belli carichi!»
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.