Mentre il risultato delle presidenziali americane ci ricordava che le fake news, le verità veloci e le narrazioni distorte non portano mai alla vittoria e soprattutto non sono destinate a durare nel tempo, venerdì 6 novembre usciva un disco che probabilmente sarebbe passato inosservato – senza offesa per i C+C=Maxigross – se fosse stato gettato nell’oceano di pubblicazioni musicali. Come ricordiamo nell’articolo “È davvero necessaria tutta questa musica? Una domanda posta male”, la media delle uscite tra singoli, EP e dischi si aggira intorno alle 100 settimanali, un numero estremamente alto che porta inesorabilmente l’ascoltatore, occasionale o appassionato che sia, ad essere bombardato da un sacco di dischi bellissimi che poi non riesce ad approfondire.
Il caso di Sale, l’ultimo lavoro dei C+C=Maxigross, non segue le tradizionali logiche del mercato contemporaneo. Quest’ultimo prevede – ahinoi – la pubblicazione di un singolo al mese per quattro mesi, cosa che ha l’effetto dell’ortica nei calzini più che fomentare l’hype. Anche perché, diciamocelo, nessuno attende con ansia il disco di un esordiente di cui non si conosce nulla, se non i propri amici e i parenti. Inoltre Sale non è affatto il disco di una band esordiente, bensì di una realtà artistica attiva da dieci anni, con sei pubblicazioni tra dischi e EP all’attivo.
L’insolita uscita del disco è veicolata dalla pagina Facebook della band, accompagnata da un lungo e intenso messaggio che non passa inosservato tra la “comunità musicale” del web, che si accende, commenta e condivide il post rendendolo quasi virale. I C+C=Maxigross scrivono un messaggio semplice e diretto, ma soprattutto denso di verità. Un ineccepibile discorso radicale di cui si sente, ora più che mai, un gran bisogno.
Innanzitutto il disco non è stato scritto, composto o registrato durante la quarantena.
Le registrazioni risalgono all’anno precedente, per poi essere interrotte l’11 marzo 2020 e riprese infine a luglio. Come dice il post: «Quasi un anno fa (il 29 novembre 2019) usciva “Deserto” il nostro penultimo disco, quando eravamo ormai esausti e stremati. Stremati non solo dalle intense vicende interne e personali avvenute durante i due anni di lavorazione, ma anche dalle dinamiche esterne che costituivano il cosiddetto “mondo della musica” in cui ci siamo mossi negli ultimi dieci anni.
Un mondo in cui eravamo immersi e che chiamavamo “normalità”. Ma nei mesi successivi, quando tutto il Mondo è stato costretto a fermarsi e niente è stato più “normale”, abbiamo sentito chiaramente dentro di noi che quella “normalità” non era dove volevamo tornare. Queste nuove canzoni, questo disco, il Progetto Tega, nascono dal nostro tentativo di guardare oltre mura che hanno ostruito il nostro sguardo per troppo tempo». In questa prima parte di messaggio la band si mette a nudo, raccontando tutta la verità, solo la verità, nient’altro che la verità.
Il disco è pubblicato solo ed esclusivamente sulla piattaforma digitale Bandcamp per il progetto Tega, e il motivo della scelta è scritto chiaramente nel post:
«In una società che si definisce “civile”, “moderna” ed “evoluta” è per noi inammissibile che chi crea e dedica la propria vita all’espressione artistica, nel nostro caso Musica, sia costretto a distribuire gratuitamente il proprio lavoro attraverso piattaforme di sfruttamento economico legalizzato come Spotify (iTunes Music, etc…) per vedersi remunerare annualmente nel nostro caso una media di NOVANTA EURO all’anno per lo streaming del nostro intero catalogo». Anche qui niente di più vero.
Continuano i C+C=Maxigross: «le logiche attraverso cui i promoter (ossia coloro che organizzano concerti) guardano i numeri degli ascolti sulle suddette piattaforme, e i relativi inserimenti nelle apposite playlist di tendenza per valutare la qualità di un progetto, ed eventualmente fissargli un concerto (quando se ne facevano…), fanno parte di una dinamica che riteniamo dannosa e deleteria per lo sviluppo di un circuito artistico e musicale che fino a poco tempo fa si considerava “indipendente”, “alternativo”, e sinonimi vari di libertà.» anche questo, purtroppo, è vero.
Il messaggio fa pensare a tante cose, ma soprattutto al valore che diamo alla musica, all’arte, ai film, ai libri, all’editoria in generale. Sicuramente la pandemia ha evidenziato tutte le falle del sistema, tutti i nodi venuti al pettine, tutti fari puntati nelle pupille dei menzogneri.
Pochi giorni fa è stato pubblicato un altro messaggio che non è passato inosservato
Stiamo parlando del post dei colleghi di Deerwaves che invita a leggere Noisey perché «in questo momento il settore del giornalismo musicale, che impiega migliaia di stagisti sottopagati, ha davvero bisogno del vostro supporto.»
Che cosa sta succedendo? Che cosa è crollato? È possibile che il sistema editoriale e artistico sia diventato così precario da negare anche a chi prima si augurava tempi migliori, di pensare che così non sia più possibile andare avanti? È davvero arrivato il momento di porsi quella domanda così spietata e decisiva? Forse il sistema è sempre stato malato, ma abbiamo tutti fatto finta che non fosse così, quando abbiamo cominciato a scaricare musica illegalmente su Emule al posto di comprare dischi e quando abbiamo preferito leggere informazione libera e gratuita online invece che comprare giornali e magazine.
Questo non possiamo saperlo, possiamo solo guardarci dentro
Sta di fatto che il giorno dopo la pubblicazione del disco e dopo avere comunicato la loro drastica decisione, i C+C=Maxigross hanno visto le vendite schizzare alle stelle. Hanno incassato, a detta loro, come dieci anni con tutta la discografia su Spotify. Certo un ottimo risultato, un epilogo pieno di gioia e speranza che continueremo a seguire augurando al collettivo musicale dell’est Italia che continui a evolversi in meglio.
«Questa non è una rivoluzione. È semplicemente una Realtà tra le tante. Se vuoi entrarci, unirti, condividere la tua Realtà con la nostra, questo è il momento per farlo.»
La storia dei C+C=Maxigross ve l’abbiamo raccontata. Ora probabilmente starete pensando: “Ma non c’è stata alcuna recensione, come facciamo a sapere se il disco è bello oppure no? Se ne vale la pena o no comprarlo?” Dunque se non vi è bastato leggere questa storia allora concludiamo con l’ultima citazione dal post:
«Se queste righe ti hanno fatto pensare, è il momento di passare dal pensiero all’azione. Se invece non ti interessa, grazie comunque di cuore per il tempo che ci hai dedicato. Ma se veramente senti una qualche piccolissima e profonda parte di te vicina a noi non perdere un solo istante. Questo è in assoluto il momento più difficile che abbiamo mai attraversato in dieci anni di avventure musicali e quindi di vita. Eppure siamo profondamente convinti che sia anche il più bello, il più forte e vero che ci sia capitato da molto tempo, forse dal primo autoprodottissimo ep “Singar” di dieci anni fa, quando per noi tutto era sconosciuto, ignoto, da scoprire, inventare e costruire. Una vera Tega.»
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