“Accade”, ovvero un approccio all’immaginario di Francesco Bianconi
Il 28 gennaio 2022 viene pubblicato il secondo album solista di Francesco Bianconi, Accade. Il disco si affacciava a sorpresa nel panorama discografico italiano che nei giorni a seguire avrebbe subito l’inevitabile invasione delle canzoni del festival di Sanremo. Nonostante l’iniziativa non abbia certo riscosso un’enorme attenzione mediatica, infatti, Accade di Bianconi rientra tra i tasselli fondamentali del nuovo percorso da solista dall’autore, già inoltrato negli ultimi due anni con la pubblicazione di Forever, primo album solista dopo il ventennio baustelliano. Accade è una raccolta di cover di brani italiani più o meno noti, composti o cantati da autori più o meno importanti, certo amati dal cantante; eppure, il disco rientra a pieno nel manifesto paradigmatico del Bianconi cantautore, il quale adesso ci invita ad accostarci alla sua musica attraverso le sue orecchie.
Fin dal primo ascolto dei dieci brani di Accade, la sensazione è quella di ritrovarci nuovamente nelle atmosfere già percepite in Forever, scandite com’è ormai nello stile dell’autore da un accompagnamento minimale formato da archi di violini e pianoforte. Inevitabile è inoltre avvertire qualche eco del meraviglioso ed irraggiungibile Fantasma d’epoca baustelliana.
Le dieci cover di Accade sono brani di cui Bianconi è autore dei testi e di canzoni a cui l’autore è legato per vari motivi.
Nel canzoniere di Accade c’è spazio per la lirica di Francesco Guccini con Ti ricordi quei giorni, per celebri canzoni come Domani è un altro giorno, resa celebre dall’interpretazione di Ornella Vanoni, e si raggiungono le soglie del paradossale con il rifacimento di Playa, uno dei tormentoni estivi di Baby K. D’altronde, era da un po’ di tempo che Bianconi giocava con il citazionismo e con la traduzione della musica altrui. Probabilmente i tempi, scanditi anche dalla prospettiva di proporre un più vasto repertorio durante i prossimi live, si sono rivelati maturi per far accadere Accade.
Inoltre, i più fedeli bianconiani avevano già conosciuto la maggior parte dei rifacimenti presenti attraverso Storie inventate, il progetto composto da una serie di episodi pubblicati settimanalmente da settembre 2020 sul canale You Tube dell’autore. Ancora prima di Forever, i video di Storie Inventate furono per molti il primo incontro con il Bianconi cantautore solista, accompagnato dal pianoforte di Angelo Trabace. Ed ecco, dopo mesi – o persino anni, come nel caso delle cover scritte per Irene Grandi! – di attesa e di ascolti di disparate registrazioni di live su You Tube, che Bianconi quelle canzoni le ha finalmente registrate e inserite nella sua seconda raccolta da solista.
Le reazioni al disco rispondono a quel sentimento tendenzialmente bipolare che già connaturava l’opinione sulla musica di Francesco Bianconi. Insomma, c’è a chi piace da solista, anche nella presa di distanza dalle più tradizionali espressioni baustelliane; e c’è chi non gradisce granché la nuova veste. E a tal proposito, andiamo a noi e alla personale opinione di chi sta scrivendo questo articolo, chiedo scusa se a volte mi esprimerò in prima persona.
La prima cover, Io sono, è del brano che aveva scritto nel 2009 per Paola Turci.
Per quanto il ritmo si adegui alla nuova conformazione da camera del Bianconi solista, non basta per snaturare lo scheletro della canzone, decisamente simile alle musicalità dei Baustelle di quegli anni. Anzi, credo che questa cover sia finora la canzone più vicina a quella della band, anche in rapporto ai brani di Forever. E va bene così.
Il secondo brano è la famigerata Playa, la celebre hit di Baby K.
Bianconi non solo l’ha inserito in una scaletta in cui figurano autori di ben altra rilevanza storica (Tenco, Guccini, Lolli), ma l’ha anche valorizzato rendendolo il singolo promozionale del disco. Ritrovarla in Storie inventate fu il primo grande azzardo del Bianconi solista. Pubblicata il 22 settembre 2020, l’esibizione è introdotta da un breve monologo di Sofia Viscardi. La youtuber interpreta una ragazza di appena diciotto anni che sta per vivere la sua ultima estate prima da liceale. Della prova di maturità appena conclusa, la ragazza ricorda la prova di letteratura italiana su Giorgio Caproni, poeta della seconda metà del Novecento solitamente escluso dai programmi scolastici, del quale recita alcuni splendidi versi. Poi il pianoforte e…
«Prendo uno spicchio di luna e lo metto nella sangria»
La cover riscosse subito un inaspettato successo, anche tra i più attempati ascoltatori che mai avrebbero creduto che Bianconi potesse cantare qualcosa di Baby K. Eppure, la reinterpretazione vocale e il rifacimento armonico risultarono estremamente azzeccati. Francesco Bianconi dimostrò così che se arrangiate con delicatezza e coscienza anche delle hit da lido possono rivelare una luce diversa, più intensa.
Dopo averla ascoltata per mesi nella versione per Storie inventate, la ritroviamo in Accade con qualche rimaneggiamento armonico e, soprattutto, nelle forme di un duetto tra Bianconi e la detentrice del brano, purtroppo. Non me ne voglia Baby K, ma il suo tentativo di garantire profondità al brano risulta comunque caricaturale e sembra snaturare la prima intenzione dell’autore. Inoltre, non credo sia stato semplice per i fan di vecchia data dei Baustelle ascoltare Bianconi duettare con una voce femminile che non fosse quella di Rachele Bastreghi. Probabilmente, di queste esperimento ne avremmo anche fatto a meno, ma forse sono troppo radicale. Continuerò comunque ad ascoltare la versione You Tube con la bellissima intro di Viscardi-Caproni.
Anche la terza traccia si era già manifestata in rete negli anni tramite video di concerti o registrazioni demo.
La cometa di Halley è stata la canzone scritta da Bianconi per Irene Grandi in occasione di Sanremo 2010, con la quale si piazzò all’ottavo posto. Rispetto ad una reperibile versione demo del brano registrata dall’autore nel 2009, in Accade ancora una volta l’arrangiamento viene riformulato secondo i nuovi piani intimi e musicali del Bianconi solista. Se, infatti, la versione del 2009 appare decisamente vicina allo stile dei Baustelle di quegli anni, nel nuovo disco la canzone si presenta con una veste più minimale in cui a venir meno sono il ritmo, la chitarra, il basso, la batteria. Con pianoforte e violini, la canzone forse perde in vivacità, ma acquista una delicata profondità, di fondamentale comprensione per riconoscere la visione d’insieme dell’autore.
Per “Ti ricordi quei giorni”, canzone di Francesco Guccini, la soluzione adottata da Bianconi sembra essere quella di un rispettoso rifacimento.
Bianconi, qui, non tenta neppure per un momento di fare sua la canzone: la canta e basta. È attraverso questa cover che si può comprendere uno dei principali motivi di Accade. L’autore, infatti, ci concede adesso di entrare a contatto con alcuni dei suoi più intimi e personali momenti vissuti con alcune canzoni. Brani, d’altronde, centrali per ottenere la prospettiva di un ideale – o non-ideale – romanzo di formazione del Bianconi ragazzo, come racconta egli stesso proprio in relazione alla canzone di Guccini:
«Ho sempre voluto cantare un suo pezzo. Ho scelto questa perché secondo me è una perla poco conosciuta, un pezzo che pare lui abbia scritto in gioventù e poi tenuto per anni nel cassetto. C’è la Francia dentro, e forse l’Argentina; c’è lo spirito delle canzoni eterne, dei classici. Mi fa scoppiare il cuore ogni volta».
Non da meno è la quinta traccia dell’album, “I capolavori di Beethoven”, del quale Bianconi è stato autore assieme a Kaballà.
La canzone è stata scritta per Mario Venuti in occasione dell’album Il tramonto dell’occidente (ne abbiamo parlato qui) e può vantare la compartecipazione di Franco Battiato. Anche questa volta, Bianconi riprende un suo testo e lo rimodula sulle formule minimaliste – e forse post-pandemiche? – di Accade. Anche questa volta il risultato mostra il profondo rispetto verso la versione originale e nei confronti del progetto di Mario Venuti. La canzone scritta a più mani era, infatti, destinata per l’album Il tramonto dell’occidente, in cui le influenze concettuali, liriche e musicali di Battiato e poi dei Baustelle appaiono determinanti. E la parte conclusiva della cover, in cui possiamo percepire un sintetizzatore, è davvero suggestiva.
Segue il rifacimento di “Domani è un altro giorno”, celebre canzone cantata da Ornella Vanoni nel 1972.
In tal caso, sono sufficienti le parole di Bianconi al riguardo:
«Questa è la cover di una cover; dato che anche l’originale non è altro che la versione in italiano di “The wonders you perform” di Tammy Wynette. Ho sempre trovato fantastico il testo di Calabrese. Si è allontanato dal senso gospel dell’originale ma ha scritto parole alternative che toccano l’anima e la curano, come ogni buona canzone pop dovrebbe fare. È il pezzo “rock” del disco ed è stato molto divertente da cantare. Grazie al cielo sono riuscito a farlo senza troppo pensare al confronto con la immortale Vanoni, libero e bello e senza timore reverenziale».
Arriviamo così a “Bruci la città”, uno dei testi più fortunati di Bianconi.
Scritto per Irene Grandi nel 2007, divenne una hit indiscussa di quell’anno e consacrò la versatilità compositiva dell’autore nel panorama della canzone italiana. Bianconi l’ha in seguito cantata in concerto con esiti spesso commoventi. In quei momenti, accadeva inoltre che il pubblico maturasse l’idea che una canzone scritta da Bianconi potesse cantarla soltanto Bianconi; credo, d’altronde, che almeno in parte sia grazie a queste esperienze che abbia maturato l’idea di un proprio percorso da solista. Personalmente, era la canzone che attendevo di più, dopo averla ascoltata fino allo stremo dai video di live vari caricati da qualche eroe su You Tube.
In Accade il brano risulta più pulito. Dal punto di vista vocale, forse, sembra essersi persa un po’ di intensità e di profondità, probabilmente dovuta al naturale passaggio da live a disco. Al di là di questa minuzia, Bruci la città si conferma una canzone dalla meravigliosa vocazione lirica e musicale, e in questa versione da camera viene valorizzata a pieno dall’autore. Dolci le voci dei bambini e della città a metà canzone, assieme all’evocativa conclusione strumentale del brano.
L’ottava cover è “L’odore delle rose” dei Diaframma, prima traccia dell’album Anni luce del 1992.
In questo caso ci troviamo di fronte a un pezzo di gioventù di Bianconi, forse uno dei più importanti e influenti per quella che sarà la sua futura carriera musicale. Non a caso è lo stesso Bianconi a raccontare il momento in cui comprò a Siena il vinile di Anni Luce:
«L’“Odore delle rose” l’avrei voluta scrivere io. Ricordo come fosse ora il giorno in cui andai a comprare a Siena il vinile di “Anni luce”, il disco che la contiene. Guardavo la copertina che ritrae Federico e una ragazza che camminano abbracciati per le strade di Firenze come Dylan e Suze Rotolo in quelle di New York in “Freewheelin” Bob Dylan”. E ancor prima di sentire il contenuto del disco pensavo fra me e me che sì, avevo fatto la scelta giusta, cazzo, sì».
Uno splendido e doveroso omaggio a Federico Fiumani, ma che dal punto di vista musicale sembra richiedere proprio la conoscenza di queste premesse biografiche e di qualche ascolto in più per essere meglio compresa e apprezzata.
Il secondo featuring del disco è con Lucio Corsi e cantano “Michel” di Claudio Lolli.
Che dire qui. Bianconi si trova di fronte ad un brano di per sé estremamente toccante e lo sfiora con estrema delicatezza, gestendo anche con abilità la collaborazione con un cantautore di una generazione a lui successiva. Il valore sempre eterno della canzone non viene scalfita dai due e la ripresa delle voci fuori campo, come in Bruci la città, crea ancora una volta una sensazione di pacifica, tenera quotidianità.
“Quello che conta” è l’ultima traccia di Accade.
Francesco Bianconi, dunque, conclude il suo percorso nella storia della musica italiana con un ritorno agli anni sessanta. Il brano è stato scritto nel 1962 da Ennio Morricone e Luciano Salce per la voce di Luigi Tenco e rientra tra i piccoli capolavori della musica d’autore di quegli anni. Bianconi l’aveva già cantata in un’esibizione nel settembre 2020 e per la registrazione del disco mantiene tendenzialmente l’arrangiamento utilizzato in quell’occasione, già decisamente rispettoso dell’originale:
«Con Angelo Trabace, Alessandro Trabace e Zevi Bordovach abbiamo deciso di “ricostruire” l’arrangiamento orchestrale originario di Ennio Morricone, traducendolo in un minimale e un po’ bizzarro ensemble fatto di pianoforte, violino, flauto, string machines e Mellotron».
Insomma, non ci resta che chiudere questo lungo percorso tra le canzoni di Accade. Un percorso che racconta la storia di dieci canzoni collocate nel loro tempo effettivo e parimenti nel tempo intimo, interiore, di Francesco Bianconi. Non è un caso che l’autore chiuda l‘album interiorizzando il messaggio di Tenco, così: «La lunga vacanza/ si chiude per sempre/ pure qualcosa di noi resterà. Resterà». Ci vediamo ai concerti.
Alessandro Triolo
Nato e cresciuto a Messina, laureato in Culture moderne comparate a Torino, scrivo di musica e letteratura.