“Bingo”: Margherita Vicario porta in scena l’eterogeneo coacervo umano
Trovare l’aggettivo adatto per definire Margherita Vicario e il suo nuovo album Bingo è roba da Accademia della Crusca. Poliedrica, versatile, istintiva, ironica, impegnata e altre decine di aggettivi darebbero sicuramente la direzione giusta, ma molto probabilmente non sarebbero bastanti. Non lo sarebbero perché Margherita Vicario non è bastante a sé stessa. Hai sempre la sensazione che aggiunga un pezzetto del puzzle che la compone, ma che il quadro generale e finale sia ancora lontano dal suo compimento. Un work in progress umano e artistico, in un perenne divenire.
Dal punto di vista artistico (ma forse non solo) il connubio con il producer Dade (per quelli della vecchia guardia come me, più noto come Antianti dei Linea77) ha scoperchiato il vaso di pandora delle idee, delle “visioni”, dei viaggi di Margherita Vicario, trasformando tutto questo in canzoni.
Canzoni che non sembrano mai rincorrersi, riprendersi, incrociarsi.
Sono isole di un arcipelago sonoro e testuale definito, ma sono appunto isole. Ognuna ha la propria specificità e Dade è il Virgilio che accompagna Margherita “Dante” Vicario in questo viaggio tra suddette isole.
Bingo, come ormai consuetudine, raccoglie tutto il materiale edito da Margherita Vicario da “Mandela” alle recentissimi “Orango tango” e “Come va”. Ma più di qualsiasi altra volta questo materiale rappresenta solo una parte dell’arsenale musicale dell’artista. Tra l’altro nella conferenza stampa di presentazione Dade ha sottolineato come ci sia già diverso materiale nuovo, e in parte pronto, che però non è stato inserito nel disco.
Bingo, nell’immagine della Vicario porta il concetto di “vittoria”, del “ce l’ho fatta”. Ma mi piace andare oltre e, utilizzando la stessa metafora, mi piace pensare all’estrazione dei singoli numeri, in modo randomico, del Bingo. Così sono le canzoni della Vicario.
Si toccano tanti temi, in tanti modi con suoni diversi. I beat, gli arrangiamenti, le produzioni di Dade sono camaleontiche, cambiano pelle, si adattano all’ambiente circostante rappresentato dai testi di Margherita. Sembrano davvero una cosa sola, tant’è che ci si chiede se sia nata prima la base o prima il testo, chi dei due sarà stato così capace di cucire addosso all’altro l’abito adatto?
La risposta è che nella musica i matrimoni spesso riescono meglio che nella vita. E il matrimonio artistico tra la Vicario e Dade è di quelli che sembrano dare poco lavoro agli avvocati divorzisti.
Ironia, impegno e intelligenza sono, a mio parere, il leitmotiv della musica di Margherita Vicario.
La religione, il femminismo (anche se lei ci tiene a sottolineare che è più corretto dire il femminile), la politica sono temi che vanno e vengono nelle canzoni, per il semplice fatto che sono temi che vanno e vengono nella vita della Vicario, ma in realtà nella vita di tutti noi.
Esplicito e implicito sono concetti che poco interessano l’artista. In “Orango Tango” ad esempio si fanno nomi e cognomi, ma perché funzionali al brano: ad essere importante è il messaggio, l’idea, la presa di posizione che non è mai schivata, non è mai a latere, ma è sempre diretta, frontale, immediata. C’è della spontanea sincerità che traspare sia nelle canzoni sia nella persona di Margherita Vicario al netto del suo essere cantante e attrice. Viene da pensare che la sua capacità attoriale, la sua teatralità anche sul campo siano frutto proprio di questa sua spontanea genuinità.
Scomodo proprio il mondo del cinema nel dire che in lei vedo quella capacità agrodolce di raccontare la vita di Alberto Sordi. La romanità certo aiuta e, probabilmente, è necessaria a raccontare proprio con quella autoironia gli accadimenti degli esseri umani.
Mi accorgo di non aver parlato quasi per nulla del disco, di non aver citato il feat. con Elodie (unica collaborazione inedita) in “XY”, della canzone d’amore “Fred Astaire” o della divertentissima title track. Ma se non l’ho fatto c’è un motivo più che valido: odio gli spoilers dei film, e Bingo è un lungometraggio iniziato ormai 2 anni e mezzo fa e che finalmente può essere “visto” in tutte le sale.