Dopo un esordio in lingua inglese, culminato nel primo album intitolato when monday comes e rilasciato nel 2022, la giovane cantautrice Prim ha deciso di cimentarsi con l’italiano, la sua lingua madre. Anticipato da quattro singoli, circa un mese fa è uscito, per Carosello Records, il suo EP, dal titolo Luna in acquario ascendente sagittario.
L’influsso di certi nomi dell’alt pop americano, primo su tutti Taylor Swift nella sua folklore era, ma anche Clairo, Phoebe Bridgers, Lucy Dacus, è forte ed esplicito, all’interno dei sei pezzi che compongono l’EP.
Sono brani dolci, misurati, quasi sempre scritti alla chitarra, con produzioni poco invasive. Brani dell’universo bedroom pop, apparentemente leggeri e primaverili, ma dal retrogusto malinconico e nostalgico, talvolta anche nei confronti di epoche mai vissute. Insomma: l’impatto di Prim con l’italiano è convincente. Le sei canzoni sono ben scritte, ben cantate, ben suonate e ben arrangiate.
Spesso capita che l’ispirazione di artisti e artiste stranieri, calata in italiano, crei l’effetto o è natale tutti i giorni o non è natale mai (ovvero, di quella volta che More than words degli Extreme, tradotta, è diventata una canzone così cringe che ha fatto il giro, forse pure due giri, ed è diventata una hit).
Fuori dalle metafore, Prim è riuscita a rendere i suoi universi di riferimento credibili e personali, mossa da un talento notevole ed evidente nella composizione. Nessuno vuole fare l’americano qua: in questi sei pezzi, c’è sincerità e verità.
Per raccontare l’EP nel modo migliore, abbiamo deciso di appellarci anche noi ai nostri temi natali.
Sei domande, a cui risponderanno Filippo, luna in gemelli ascendente ariete, e Francesco, luna in ariete ascendente bilancia.
Per dimostrare che, in effetti, il tema natale influenza il modo in cui si ascolta un album.
La canzone preferita
Filippo: Colleghi borghesi
È la prima canzone con cui ho conosciuto Prim, e a oggi rimane la mia preferita. Perché credo sia un perfetto manifesto artistico della cantautrice. Ci sono le sonorità naïve e bedroom-pop, ci sono le chitarre acustiche. Il testo alterna teneri ricordi di infanzia (bastava solo un po’ di affetto e la merenda dopo scuola, rimboccarmi le lenzuola e non lasciarmi sola) a sprazzi di vita adulta e di annessa delusione – come lo sconsolato mi vesti bene per i colleghi borghesi che dà il titolo al pezzo. Insomma, Prim è riuscita a far sì che il brano che naturalmente viene da segnalare ad amici che vogliono iniziare a conoscerla sia uno dei migliori in assoluto. Mica male, eh!
Francesco: Ho paura di morire
Prim chiude l’EP con la sua traccia più cupa e claustrofobica. Ho paura di morire riassume uno dei topos più difficili da narrare senza filtro o paracadute. Vera e propria preghiera sussurrata in una dimensione oscura, che da personale diviene patrimonio di un’altra persona e poi rimbomba nell’eternità dell’oblio. Ci si perde da soli, ci si perde anche affidandosi a mani che poi ci lasciano andare, ci si perde nel declino del tempo restando impietriti di come la tempesta sia più forte di noi. Il sussurro finale, le sovrastrutture strumentali della traccia che scemano: un filo di piano e tutto si spegne (forte il richiamo a Lana Del Rey notturna o a una Taylor Swift più cinematografica).
La canzone piantino
Filippo: Farci la guerra
Questa è abbastanza facile: sarà il leggero riverbero dell’inizio, il tempo lento, quel tu non hai tempo di guardare il mondo coi miei occhi, e io non voglio crescere se so che non ti importa. È il brano di apertura del disco, e il piantino non è nemmeno quotato, da quanto è facile che arrivi. E com’è catartico, certe volte.
Francesco: Giriamo un porno
Crescere è soprattutto masticare una cicca di spine: la nostalgia (terribile sentimento dolce amaro che si accompagna ad ogni nuovo calendario) punge e trafigge stampando fotografie vintage che drizzano la schiena e inumidiscono gli occhi. Prim racconta una serata in cui tutto è sbagliato: la festa, la compagnia, anche i passi e la direzione nel raggiungere un bagno. Riserviamo troppe speranze nel prepararci ad eventi che ci renderanno ancor più fragili e alla ricerca di perfezione. Che sia l’acne, un jeans stirato male, un’occhiata coltello di parenti naftalinizzati, la traccia elettrizza una cenere mai del tutto spenta. Nell’attitudine narrativa, forte un dazio da pagare all’esercito Girl Power dell’indie triste italiano, ma il risultato è universale, quasi sarcastico. Tutti bravi a crescere a pane e pornografia, ma poi?
La canzone “aspetta, ma sto EP è davvero interessante”
Filippo: Giriamo un porno
È un pezzo alla beabadoobee di Fake it flowers, dove Prim osa un po’ di più in più a livello di sound e soprattutto di produzione. L’arrangiamento del brano è uno dei più ricchi, con la voce che si amalgama perfettamente all’interno dell’ampia strumentazione, diventando un’unità inscindibile. È una canzone matura, composta e prodotta con estrema cura, che porta l’EP su altri binari. Non c’è solo il talento lirico: c’è anche una precisa ricerca delle sonorità, che come dicevamo nell’introduzione, parte da chiari ed evidenti spunti, e viene calata in una dimensione intima e personale.
Francesco: Colleghi borghesi
Diviene sempre più difficile selezionare cosa ascoltare. Non è superficialità, ma ipertrofica curiosità: fermarsi e pensare che la prossima traccia in “shuffle” sia la prossima exile è atto di sfida verso se stessi. In Colleghi Borghesi, la plumbea narrazione di momenti difficili tronca la forza nelle dita: Prim è ancor più Irene, la vediamo nel sanguinante istinto in cui le parole della traccia sporcano il foglio e divengono spazi, ricordi, dolore. La solitudine di una mano non stretta, di una luce in camera che nessuno riaccende. Il Natale poi nella sua glitterata tristezza. Irene come specchio di una generazione che cresce e crescerà nelle catene di montaggio di lavori senza pretese emotive, di infanzie fatte di merende preconfezionate, di genitori facilmente attaccabili e che saranno così tanto simili a noi venti anni dopo.
La canzone per la fase della vita che stiamo attraversando
Filippo: Farci la guerra
Torno sulla “canzone piantino”: non in senso letterale, tuttavia. Nel senso che nessuno mi sta facendo la guerra, forse me la sto facendo da solo, forse sono in una fase malinconica, forse è solo un periodo un po’ così. Quando, però, su sei brani, ce n’è uno che fa effetto un po’ più degli altri, è inevitabile che sia qualcosa che ha a che fare con la fase della vita che si sta attraversando.
Francesco: Egoista
Gli Ariete sono persone tenaci, testarde, (dicono) leader. Ma l’homo faber è destinato spesso ad essere solo e a ritagliarsi spazi virtuali, orticelli dove sentirsi meno inadatti. Chissà quanti egoisti sono fragili, spaventati. Aver paura di tutto, essere quadri senza didascalie, lasciarsi avvolgere da armature scure. L’accusa di Irene è anche accettazione e maturazione. Se la sciarpa rossa di Taylor parlava di lei, la felpa dell’egoista no. E lei lo ha capito.
La canzone da condividere come storia su Instagram
Filippo: Ho paura di morire
Questo perché di base noi luna in gemelli siamo persone drammatiche. Se si potesse condividere una parte della canzone, sarebbe certamente l’epilogo al piano, dove Prim ripete io non esisto più in un’atmosfera plumbea e notturna. Ma condividere le storie con audio è un atto di violenza non da poco verso amici e conoscenti, e quindi condividiamo la canzone per intero.
Francesco: 206
Decisione difficile: è un EP instagrammabile in toto poiché densamente narrativo. Alla fine ho scelto quella dal potenziale taumaturgico più forte. Bruciare tutto, bruciare ogni secondo. Il bosco, luogo oscuro e impenetrabile. Fosse facile, magari. Decine e decine di ettari restano dentro di noi, decine e decine di alberi (quasi) sempreverdi.
La canzone da mettere in una bottiglia e affidare al mare (sperando un giorno di ritrovarla)
Filippo: 206
È un pezzo interessante. Tuttavia, forse è il fatto che narra di un momento di una relazione che non mi appartiene, o il fatto che il sound in certi punti crea una specie di barriera emotiva, non è un brano che oggi riesco ad apprezzare a pieno. La affido al mare, e ci tornerò quando avrò delle difese un po’ meno solide e qualche prospettiva nuova.
Francesco: Farci la guerra
Gli ariete sono testardi (già detto, lo so) ma io sono ascendente bilancia quindi mi auto-bilancio. E tutta la guerra che avrei voluto fare si è trasformata in schermaglie di trincea: migliaia di morti innocenti, strade e case devastate, nulla è rimasto intatto per mesi, anni. Di chi è stata la colpa? Chi non abbiamo ascoltato? Di cosa è stata figlia questa guerra logorante?
Di Filippo Colombo e Francesco Pastore
Filippo Colombo
Predico bene razzolando insomma, mi piace mangiare la pizza a colazione, odio i concerti dove si sta seduti.