Condensazioni stratificate di groove vellutato: “Mega” degli SLWJM
Sono attivi ormai da qualche anno e risale alla primavera del 2018 il primo extended play intitolato “Undone I”. Naturale, quindi, che nel corso degli anni il processo creativo degli astigiani SLWJM tenda a raffinarsi per arrivare alla prima prova discografica sulla lunga distanza. Il long play d’esordio prende il nome di “MEGA” ed è stato pubblicato pochi giorni fa con la label Bunya Records.
Nove tracce anticipate dal singolo “Nothing But U”, pubblicato a maggio dello scorso anno e che, di fatto, ha spinto e promosso la campagna su Eppela per la produzione di questo disco. In epoca di suoni digitali ed atomizzazione artistica, con sempre più realtà composte dal singolo o da sparuti episodi di collaborazione, dispone piacevolmente notare come la band sia composta da quattro elementi. Menti e strumenti, in un tripudio di musica suonata per un approccio che ormai appare vintage, ma che attraverso gli SLWJM vive di fulgido vigore e concezione moderna.
Ma non è solo l’approccio alla musica a rivelarsi convincente
Le nove carte scoperte sul tavolo respirano atmosfere internazionali, con il soul (nella sua accezione più nu), il funk e il jazz a condensare stratificazioni di groove vellutato; naturale, quindi, cantarle in inglese queste tracce, per puntare all’intero Continente e anche verso qualcosa in più.
Se è vero che il nome della band (da leggersi slowjam) lascia tradire una certa urgenza, le composizioni si rivelano al contrario molto ragionate ed attente. Episodi che non si fanno ingabbiare nei crismi pop dei tre minuti sconfinano in sezioni strumentali ed incursioni soniche che si lasciano godere prendendosi il tempo che meritano. È musica suonata, e mi ricorda una certa attitudine che gli M+A vestivano di ingenua e malinconica leggerezza velata di tropicalismi.
“MEGA” è un disco che il panorama italiano necessita come il pane; una voce fuori dal coro che non ha presunzione di innovare, quanto di dimostrare che è possibile fare altro rispetto ai generi più in voga (siano essi afferenti il pop o la trap). Ed inoltre, c’è ancora speranza per chi la musica vuole farla in sala prove (o in garage, o in tavernetta) invece che nella propria camera a dialogare con uno schermo sul quale gira Cubase.
Si continua a dire che le persone cerchino, in questi tempi così bui, un qualche segnale di speranza, qualcosa al quale aggrapparsi per andare avanti. Non intendo di certo dire che gli SLWJM salveranno la scena emergente, non sono mica in missione per conto di Dio, ma possono sicuramente addentrarsi nel percorso intrapreso in questi primi, ma già interessanti, anni di esperienza. Megabello.