L’intero percorso di Cristina Donà è una ricerca dell’interezza umana e artistica. Ce lo dicono i suoi testi, tesi costantemente a condividere questo cammino. Ce lo dicono le sue canzoni, da sempre accoglienti per chi decide di ascoltarle davvero. Pertanto ogni nuova uscita discografica è un’occasione, un’opportunità, di entrare in un mondo affascinante, a volte spigoloso e complesso e per questo più vero.
Questa premessa non sminuisce di una virgola la ricerca più strettamente musicale, terreno sul quale è all’avanguardia fin dai suoi esordi. Già dalla metà degli anni Novanta, infatti, entra nel ristretto novero di cantautrici al centro dei riflettori europei. Cristina Donà è sia la rocker che ha folgorato un’icona della musica rock come Robert Wyatt dei mitici Soft Machine, tanto da portare il musicista inglese a collaborare con lei nel brano Goccia; sia la raffinata cantautrice pop-rock, che nel corso degli anni ha saputo scegliere e sperimentare le musiche e gli arrangiamenti con cui accompagnare la propria voce.
L’occhio sul mondo e sulle sue vicende umane, l’ha sempre avuto, interrogativo senza essere dispersivo, modulando la distanza per averne uno sguardo d’assieme, come in passato ha dimostrato con la sua splendida Universo.
Gli spazi, l’ampio respiro, la misura del rapporto con la natura, sono approcci spesso indagati, come una necessità primaria, quasi per collocare sé stessa e gli altri nello spazio/tempo, e allo stesso momento comprenderne le dinamiche, le vite, i comportamenti. E poi ci sono le stelle, ricorrenti nel suo mondo, non solo le Stelle Buone, di un altro suo capolavoro; ma anche quelle che lasciano un vuoto perché mancano, come nel caso di deSidera, letteralmente mancanza di stelle, come lei stessa ci dice, sin dal titolo di questo nuovo disco.
Il desiderio stesso si muove contemporaneamente su terreni quasi opposti. Da una parte riempie, nella speranza che si realizzi, dall’altra fotografa un vuoto che si spera di colmare. In questa aspirazione, Cristina Donà ci dice che non si può essere passivi. Sin dalla prima canzone, Distratti, si guardano i comportamenti individuali, da cui partire per renderli collettivi, ed evitare quel disastro umano e ambientale verso cui siamo indirizzati, troppo presi (distratti, appunto), da sovra informazione, alienati in un sistema che ci vuole solo consumatori e sempre meno consapevoli
“Altro che aperitivo, ci siamo bevuti il pianeta! / E gireremo un video mentre esplode il pianeta!”
Le dieci tracce raccontano storie di fragilità, di scelte estreme o coraggiose.
Colpa, per esempio, riflette sulla facilità di puntare il dito verso gli altri, in cerca di un colpevole altro da noi; mentre Come Quando gli Alberi si Parlano è un brano ispirato alla storia vera del suicidio di due fidanzati; per poi proporre in positivo la riflessione di Oltre, che ci spinge a superare l’egoismo facendo i conti con i propri limiti.
La natura è presente in tante forme in questo lavoro. E lo è in un modo particolarmente vivido e rassicurante in brani come Torna e L’autunno, legati al ciclo della vita e delle stagioni. Quella natura in cui Cristina Donà vive da anni ormai, in meravigliose valli che però sono state anche martoriate dalla pandemia. Senza Fucile né Spada è la testimonianza di quella piccola/grande apocalisse vissuta da vicino.
La collaborazione con Saverio Lanza per la parte musicale appare perfettamente consona al disegno sonoro capace di raccontare queste storie, a tratti ruvide o morbide, talvolta poggiate su un ritmato tappeto elettronico, fino a lasciare spazio al silenzio che sostiene una voce sempre sapiente, animata da mille sfumature.
In questi ultimi anni la carriera di Cristina Donà ha vissuto il giusto tributo al suo incredibile esordio, con la celebrazione di Tregua, il suo primo disco, vivendo momenti di ritorno al passato, grazie anche alla compilation tributo di giovani colleghi e a un tour, qualche anno fa, proprio con quelle canzoni. Ma quello che ci dice questo lavoro è che l’approccio artistico della cantautrice lombarda è fortemente radicato in un costante sguardo al futuro e, anche per questo, capace di raccontare una ricerca umana che si manifesta artisticamente sempre più bella e sempre più intera.
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Foto in copertina di Francesca Sara Cauli