Post Benessere, uscito lo scorso 25 giugno per 42 Records, è un disco sul cambiamento. Non soltanto il cambiamento che una storia d’amore finita ci costringe ad attuare, come Claudia, Ego e Acqua Ferma ci ricordano. Dorso, in questo suo album d’esordio, ci parla di cambiamento a 360 gradi, attraverso canzoni che si assemblano come una storia di rinascita: diverse tessere di uno stesso puzzle narrativo.
Nel disco di Dorso, anche musicalmente, c’è un che di caotico. È la confusione di un mondo che abbiamo sempre provato a plasmare, restandone invece irrimediabilmente plasmati. Una confusione che possiamo rendere meno lacerante grazie all’accettazione del cambiamento.
Dopo il benessere, sembra chiederci Dorso, cosa c’è davvero?
Quando raggiungiamo l’apice delle nostre sicurezze – la zona confortevole del nostro stare nel mondo – è difficile scrutare l’orizzonte alla ricerca di novità, forse meno confortevoli. Si sceglie sempre la strada più comoda, quella dell’abitudine: si sceglie sempre entro il recinto di ciò che già si conosce. Ma ogni abitudine è in sé una dipendenza, che veste il futuro di una certezza che non esiste. È solo quando la vita ci abbatte che riusciamo a rendercene conto.
Benessere racconta allora le lamentele di chi si sente ingabbiato in un posto che non riconosce.
“Ho bisogno del mare, voglio provare a sparire”
Sparire, scappare: ma da che cosa? Proprio dal benessere cui tutti anelano, per poi cercare nella vita dei cambiamenti mai reali e sempre lontani dal benessere stesso, inteso come uno stato immobile, dove niente accade e tutto è sempre uguale. Uguale e piatto, come il viso di chi si sottopone a continui Lifting per appianare i problemi, fingendo che la vita sia più liscia degli scogli che la abitano.
Paradossalmente però questo stesso lifting rende gli occhi più chiusi, più tristi, e il cuore più stretto.
Due feritoie da cui è impossibile entrare: “filo spinato e zero modi per passare”. Accorgersi di come questo modo di vivere sia Tutto sbagliato è dunque il primo passo per poter cambiare veramente e “fare i conti con i nostri mostri”. Anche se a volte, per riuscirci, si ha bisogno di qualcun altro.
“Sei tu che mi hai insegnato che curarsi è importante”
A questo punto non resta altro che ricordare ciò che conta, lasciando andare ciò che invece non importa, come canta Dorso in Immobile: “non riesco più a rientrare nelle bolle che hai scoppiato”. Una volta che la realtà fittizia dove siamo abituati a vivere esplode, tornare indietro – in positivo o in negativo che sia – sembrerebbe di fatto impossibile.
Tornare indietro davvero, nella sua accezione più peculiare di Rifare, è invece possibilissimo.
Ricostruire ciò che abbiamo distrutto, ri-assemblare i pezzi buoni che abbiamo lasciato in giro senza mai curarcene.
“Ancora io voglio illuminare, puoi guardarmi negli occhi e nuotarmi dentro finché sono vivo e capace di intendere”
E il rifare ci costringe, finalmente, a cambiare: “e smetterò di scappare, prenderò un po’ di fiato, […] per gareggiare contro me stesso”. Una gara senza vincitori né vinti. O meglio, una gara dove vince sempre la versione migliore di se stessi. E che però parimenti ci destabilizza, ci costringe ad ammettere “io non so”, come l’ultimo verso del brano suggerisce.
Nell’indeterminatezza del non sapere, c’è il Rumore dell’attesa.
Il riempire il tempo di vita vera, senza le fasulle convinzioni che ci hanno tenuto in piedi fino a questo momento: “e ho lasciato le chiavi poggiate all’ingresso sul bancone, mi son tolto la giacca, ho tolto le scarpe e conto le ore che passano senza guardarmi in faccia, senza scrupolo alcuno”. È davvero “l’inconcludenza di un attimo”. Eccolo allora il Post Benessere, quel che rimane di un’opulenza chimerica che sembrava scandire i nostri giorni.
Dopo il benessere che cosa c’è davvero? Un numero, l’età di Alessandro – aka Dorso: 21. È la canzone che chiude questo lavoro, come unica coordinata messa lì a ricordarci che il tempo passa e non si ferma. Non sosta neanche sui nostri lunghi sbagli, siamo noi che dobbiamo afferrarli per creare qualcosa di migliore. È questo, forse e per davvero, il Post Benessere. Oltre ad essere l’esordio di un giovanissimo artista che sicuramente sentiremo ancora.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.