“Fidaty” anche tu: i Giallorenzo sono il lago d’Iseo del nuovo underground
Nel mio personale scenario, Brescia e Bergamo sono le due metà di una mela che non vuole riconoscersi intera. La storica rivalità fra le due cittadine risale al 1100 (o giù di lì) e ha origini comunali che in questa sede non ci interessano. Mi sono resa conto di quanto poco naturale sia tale faida frequentando per un certo periodo la splendida cornice del lago d’Iseo, le cui sponde appartengono ora all’una ora all’altra provincia, fondendone ogni antagonismo fra i moti ondosi delle sue acque. Ne ho avuta poi la certezza ascoltando per la prima volta i Giallorenzo, gruppo per metà bresciano e per metà bergamasco, formatosi a Milano. Proprio alla città meneghina i Giallorenzo hanno dedicato, nel 2019, il loro album d’esordio: Milano posto di merda (La Tempesta Dischi). A questo lavoro, il 13 novembre scorso, ha fatto seguito l’EP Fidaty, eloquentemente intitolato come la carta fedeltà dell’Esselunga.
Ma andiamo con ordine. Le sonorità di questa band, che prende il nome da un uomo trovato morto nel loro palazzo, hanno un qualcosa di decisamente peculiare, strano e forse pazzo. Dichiaratamente ispirate alla scena rock alternativa anni Novanta, le loro chitarre piegano anche nella direzione in cui sta virando la musica pop odierna. Una direzione già di per sé ricca di bivi e strade laterali, difficile in realtà da indicare su una mappa, pure per gli addetti ai lavori stessi. Il risultato di tale melting pot è un flusso di stimoli davvero inusuale e difficile da decifrare o quantomeno da riordinare, il che rende i Giallorenzo proprio quel che dicevamo in apertura. La risoluzione di un conflitto, la sintesi a tratti pacificata e a tratti ventosa di un antagonismo.
In pratica, il lago d’Iseo del nuovo underground
Sono talmente inconvenienti e sconvenienti (a differenza, per esempio, delle offerte da Esselunga) che il titolo del loro primo disco rimanda ad un graffito. Uno dei tanti che tappezzano non solo Milano ma un po’ tutte le nostre città, più o meno grandi che siano. Una frase sconveniente o un inconveniente lungo la strada, che diventa sceneggiatura per un nuovo immaginario. Lo stesso discorso vale anche per questo EP, l’invito a fidarsi nascosto fra le pieghe di un portafoglio e casualmente presentato alla commessa cui abbiamo deciso di af-fidare la nostra spesa. Potessimo presentare e reiterare fiducia alla gente in un gesto altrettanto semplice ed immediato!
Ma forse possiamo davvero, ed è proprio questo il senso delle sette tracce che animano l’EP. Due di loro, in particolare, sembrano indicarlo. In Telepatia = Crimine (che prende il nome da un altro graffito) si suggerisce che la possibilità di leggere il pensiero, entrare empaticamente nei panni dell’altro e, in ultima istanza, amare costituisca il crimine che quest’epoca bugiarda considera il peggiore di tutti quanti: la violazione della privacy.
E insieme al vento che scompiglia
entra stupido il pensiero
di essere rimasta sola per davvero
Baal, invece, racconta la storia di uno di quei pazzi misteriosi che rendono la metropoli più assurda e per certi versi anche più autentica, il che è decisamente un paradosso. Sono figure in grado di mettere in scacco le nostre routine consolidate e le risposte che ogni giorno ci diamo per definire una realtà intrinsecamente cangiante.
Le risposte non rispondono affatto
ma tutto si allunga a un tuo eventuale ritorno
Allora forse l’ottusità di Milano può risolversi nell’invito “baalordo” di provare a fidarsi, al di là di ogni schema o preconcetto. Fidarsi come quando si ama e si permette che quel crimine orrendo che è la telepatia ci disarmi da ogni altro misfatto. Fidarsi come quando si osserva l’esistenza borderline di un folle forse più savio di noi. O come quando si porge alla commessa l’ennesima carta fedeltà, dal nome serio e al contempo ridicolo. Fidarsi come quando metti insieme due bresciani e due bergamaschi per formare un gruppo. O come quando suoni cose talmente eterogenee da “caoticizzare” anche i testi più cristallini.
Insomma, un po’ come quando ascolti il nuovo EP dei Giallorenzo e capisci che non c’era scelta più giusta di questa: “fidarsy” e basta.
Monica Malfatti
Beatlemaniac di nascita e deandreiana d'adozione, osservo le cose e amo le parole: scritte, dette, cantate. Laureata in Filosofia e linguaggi della modernità a Trento, ho spaziato nell'incredibile mondo del lavoro precario per alcuni anni: da commessa di libreria a maestra elementare, passando per il magico impiego di segretaria presso un'agenzia di voli in parapendio (sport che ho pure praticato, fino alla rottura del crociato). Ora scrivo a tempo pieno, ma anche a tempo perso.