Dopo il successo del 2017, Frah Quintale torna sulle scene e lo fa con un urlo giapponese (Banzai)con l’intento di farsi spazio o di prendere le distanze da chi ha fretta di mettergli addosso l’etichetta di nuovo re dell’Indie. Una pausa solo apparente che gli è servita per curare tutto nei minimi dettagli. Dalla produzione poliedrica per la quale sceglie l’amico di sempre, alla copertina. Una foto scattata dietro casa sua che si tinge di blu, perché blu è il colore che pervade queste prime dieci tracce.
Nascondersi dietro gli alberi per osservare meglio le cose, è un po’ quello che ha fatto in questi anni.
Prendersi del tempo per sperimentare e soprattutto per avere qualcosa che valesse la pena di esporsi di nuovo. Un tragitto nel quale l’artista bresciano immagina di slegare quel filo che lo tiene unito a se stesso e che lo porta puntualmente indietro, a una realtà che cerca di annegare nel bicchiere.
Un falsetto riconoscibile, impeti di rap ed r&b per non adagiarsi su una popolarità facile che gli impedisse di esprimere se stesso e un amore ricorrente e inafferrabile, inarrivabile e ineluttabile… quasi come una borsa di Chanel. L’ironia de Le cose sbagliate racconta un tradimento inequivocabile ma soprattutto l’abitudine caduta un po’ in disuso (e che riusciva bene al duo Battisti Mogol), di visualizzare le storie attraverso le parole, di poter immaginare come se fosse un film, quella cena clandestina.
Però a guardare (e a sentire) bene, Francesco mente. Quando finge di immergersi nell’alcol, o di essere Contento.
Togliere gli strati di polvere dalla propria essenza significa prendere coscienza che ogni traguardo e ogni successo si traducono in una nuova insoddisfazione. Ma anche riuscire a risalire la china dopo aver toccato il fondo, per rendersi conto che si può dire “che bello!” anche di quello che sembra il proprio inferno quotidiano. E quindi le Allucinazioni sono solo una scusa, un comodo paraurti nel quale si rivela il suo intento primo: “Io voglio sapere quello che nascondi/voglio vedere bene”.
Il gioco cromatico prosegue con un gelato all’Amarena nel quale l’unica cosa che mangia Frah Quintale è… la foglia! Il rosso del suo cuore si confonde nel ripieno e il rossetto di questa Beatrice senza volto, risulta fin troppo simile al colore del suo sangue. Mentre lei non sembra neanche accorgersi della sua presenza: “Chi ti ama ti segua/ma a te nemmeno te ne frega”.
Blu è il colore dei fluidi, degli abissi inesplorati e puri ma è anche La faccia della notte.
L’unica che riesce a scovare la sincerità delle tue paure, l’onestà dei tuoi rimpianti, la speranza di un futuro che non sappia di mediocrità. “So che gli uomini sono fatti anche di angosce/quando sentono il buio che li inghiotte”.
Insomma Frah Quintale, disegna, scrive e canta ma i suoi Graffiti più che identificare un genere, descrivono la transitorietà della vita e dell’arte. E se l’arte ha nella vita la sua ragion d’essere, la vita guarda alla seconda e ne invidia la sua immortalità. A noi che poveri umani che ci poniamo a metà strada non resta che rassegnarci di fronte a questo insuperabile conflitto sperando che ci sia sempre qualcuno disposto a mandarci dei segnali di fumo (anche col cuore in frantumi).
Ascolta qui “Banzai (lato blu)”, nuovo disco di Frah Quintale
La foto di copertina è di Valentina De Zanche,
la grafica è stata curata dallo stesso Frah