Germanò, un viaggio nella solitudine alla ricerca della giusta compagnia
È uscito il 10 aprile e si intitola “Piramidi”, il nuovo progetto discografico prodotto da Bomba Dischi, di Alex D’Andrea alias Germanò, in un periodo non facile per il panorama musicale italiano, un po’ assopito da un contesto nel quale le persone cercano conferme e rassicurazioni, piuttosto che sperimentare novità.
Il nuovo che ci consegna Germanò è quello che sembra a tutti gli effetti un viaggio, nelle vite degli altri.
Il singolo di lancio “Matteo non c’è” è una storia di sincerità e di liberazione. Come testimonia il video che accompagna la canzone, Matteo riesce finalmente a liberarsi delle sue maschere e a rivelare la sua natura aliena. Alieno è il protagonista, ad una realtà nella quale profeticamente, le persone indossano le mascherine anche per andare a cena. E così Matteo diventa il barbone che chiede l’elemosina ad un passante distratto al cellulare, o un ragazzo che cerca la sua indipendenza dalla famiglia ma andando a vivere con dei coinquilini.
“Matteo che sogni fai?/Da grande che farai?”
Le atmosfere sono sognanti e i rimandi metaforici sono confermati dalla scelta di una copertina che rappresenta il reale stato d’animo del cantautore. Un disegno stilizzato rappresenta un’autenticità che riesce ad esprimere solo attraverso l’arte nella molteplicità delle sue forme espressive.
Germanò è un archeologo che scava sulla superficie della solitudine in un disco dalle sonorità elettroniche, nel quale l’assenza di manierismi e slanci vocali, non appare come una mancanza ma si giustifica con la necessità di trasmettere il crogiolarsi nelle sue insicurezze, ma senza autoreferenzialità.
La seconda traccia “Gluten free” strizza l’occhio con un lessico molto “pop” ai trend della sua generazione:
“Ho passato un’altra notte sveglio/A guardare programmi, telenovelas spagnole /E a pensare che se continuo così a mangiare male/Forse il mio fegato muore.”
Ma quella che sembra essere la descrizione altisonante di una quotidianità monotona, rivela nel ritornello una riflessione sulla fragilità dell’esistenza che diventa una nuvola e che può nascondere il più profondo abisso dentro ad un sorriso.
“E me l’ha detto anche Luca che voleva farla finita /Anche se ride da sempre e la sua faccia è pulita[…] e me lo ha detto anche Luca che ieri ha fatto vent’anni/ sul ponte ha spento il motore e poi si è tolto i guanti.”
“Enchantè” è la storia di un amore univoco più mediato che vissuto: dalle luci degli schermi, dal bisogno di conferma rimesso ad un avviso di lettura.
Enchantè, enchantè, enchantè /Adesso ti conosco, non so se fai per me/Non so se fai per me, non so se fai per me”.
Il peso della solitudine viene alleggerito da un ritmo incalzante che sopperisce alle mancanze con quello che potremmo definire un menefreghismo melodico.
La quarta traccia Stasera esco è l’ennesima notte passata a bere con gli amici di sempre, è la strada illuminata sulla quale cammini chiedendoti cosa avresti potuto fare di diverso mentre sta per cominciare un’altra settimana di un lavoro che potendo, non avresti scelto.
Stasera esco, nello stesso posto Con gli stessi amici a cui le cose, no, non vanno mai /Se penso ai miei guai, che ci posso fare?/Non è che ci posso star male solo perché non ti ho avuta mai
La quinta traccia Macao è un interludio.
Quella che è a tutti gli effetti una nota vocale di whatsapp nella quale di una ragazza lo invita insistentemente a uscire. Ma la risposta e la volontà del destinatario (che infatti è assente) sembrano quasi essere irrilevanti.
Friends forever è un tributo a Torino, città alla quale il cantautore è molto legato, che parla di un posto sicuro, di amicizia, di un amore avvolgente che riempie come si faceva una volta: colorando le lettere sul diario.
“Ti prego amore stringimi/ e poi disegna gli argini.”
La sesta traccia, “Dov’è che mi fa male?” è un singolo che esprime il tentativo di tramutare in dolore fisiologico, la sofferenza psicologica che deriva dalla fine di una relazione .
Comincio a domandarmi se sto bene oppure no Se mi manchi o da che parte mi fa male/ Tra il ventricolo sinistro o quello destro/Tra lo sterno, in mezzo agli occhi, proprio al centro
Insomma, la traduzione in versi del famoso “peso sullo stomaco”…
“Ca va?” sfrutta la versatilità di un’espressione tipicamente francese che può essere utilizzata sia per chiedere “come stai?” che per rispondere “bene”. Il testo che gioca anche con gli ossimori “il tuo sguardo profuma di pesca” è una sequenza di interrogativi disattesi, risolti da un circostanziale “va tutto bene”.
Ti sorprenderebbe è una lista di rimproveri: c’è il giorno in cui non sei andato a lavoro per fare un dispetto a te stesso, quello in cui non hai studiato per passare l’esame.
Ciò che sicuramente non ci sorprende è che siamo tutti noi siamo stati uno di questi giorni, almeno una volta nella vita.
Infine “Piramidi” chiude il disco. Un omaggio al cantante Enzo Carrella al quale si ispira. La traccia che fa da collante a tutto il disco è la sintesi perfetta di ciò che Germanò vuole comunicare con queste dieci tracce.
È vero, la solitudine può essere una scelta, un’esigenza, la chiave per trovare il proprio equilibrio. Ma più di tutto, nelle notti in bianco, quando ci sentiamo persi o anche quando raggiungiamo i nostri obiettivi, ogni cosa acquista senso, se c’è qualcuno nel mondo che anche solo col pensiero, si prende cura di noi.
“Quando mi sento solo, non sono solo veramente /Se so che tra miliardi di persone ci sei tu/Che fuori da un locale mi cerchi e poi ti prendi male /Ti sto cercando da una vita un po’ come fai tu.”
Ascolta qui Piramidi, nuovo disco di Germanò
Piramidi è un disco registrato a casa, che non nasce dall’esigenza di definire la cifra stilistica di Alex o di collocarsi in un genere, ma di raccontare in musica le frustrazioni dei giovani che ripongono le loro speranze nel led di un cellulare che lampeggia a intermittenza.
È un sicuramente un disco da ascoltare in questo tempo stropicciato tra le pieghe del divano e l’incertezza di un futuro prossimo fatto di plexiglass.
Perché ci meritiamo almeno 32 minuti e 52 secondi nei quali questi geroglifici che abbiamo sul cuore, siano solo degli scarabocchi da disegnare, per perdonare quell’amore che ci ha fatto stare male.
Foto in copertina di Cristina Troisi