“I Mortali”: l’inno alla vita di Colapesce e Dimartino
Maledetta santa adolescenza. Perché nonostante sia un periodo della vita circostanziato, e tutto sommato transitorio, lascia ferite vivide che continuano a pulsare anche quando di anni ne hai diversi in più. Ed anche perché è uno dei motori che ha spinto il processo creativo del nuovo disco di Colapesce e Dimartino, il primo disco insieme, intitolato “I Mortali”, che racchiude un cosmo condiviso, frutto di oltre quindici anni di percorso musicale sviluppato spalla a spalla.
L’adolescenza è sicuramente un tema che ci affascina. È una fase dove tutto è più rapido ed amplificato, due ore sembrano settimane. Ti senti immortale. Eterno. Col tempo invece finisci per fare pace con la mortalità della vita, quel senso oggettivo che una volta compreso ha il suo fascino. Direi che sono queste le due spinte creative dietro il nostro album (Colapesce)
Sono giorni che ho i timpani e la mente monopolizzati da questo ascolto, che si sta rivelando un montante ben assestato sia sul piano mentale che su quello fisico.
Un long play che genera sensazioni ed immagini davanti agli occhi, che porta a fare un giro omaggio sulle montagne russe emotive e mette in difficoltà quando si tratta di esprimere a parole quello che è generato dalle note. La produzione che si è concretizzata grazie anche all’unione di intenti tra 42 Records e Sony ha muscoli e carattere. L’occasione di parlarne coi diretti interessati si è rivelata la soluzione congeniale per presentare al meglio la release. Ognuno dalle proprie case, si è instaurato un ponte tutto digitale tra la provincia di Napoli e le residenze siciliane di Lorenzo (Urciullo) ed Antonio (Dimartino).
Abbiamo deciso di pubblicare comunque, nonostante il ritardo di qualche mese dovuto a motivi ben noti (era tutto pronto ad inizio febbraio, ndr.), “I Mortali” perché ci è sembrato un atto importante. Il tour è fermo, la promozione vive fasi difficili ma quantomeno possiamo far ascoltare a tutti il nostro lavoro. Non è semplice, ma siamo in due e possiamo sostenerci a vicenda. (Colapesce)
L’elaborato era stato parzialmente mostrato da gennaio in poi attraverso la pubblicazione di tre singoli, seguiti poi da “Luna Araba”, brano che ha fatto da traino fino al cinque giugno. Sul piano testuale, tutte le tracce sono animate da argomentazioni e parole molto personali ma al tempo stesso universali. Ognuno infatti può ritrovarsi nei risvolti della vita quotidiana raccontata senza sconfinare nelle forme più arroccate d’intimismo.
Siccome siamo in due avevamo necessità di trovare parole e situazioni condivise, da cantare con il giusto trasporto ed al tempo stesso senza cadere nel puro personalismo. Quindi abbiamo usato dei “trick” come in “Rosa e Olindo”: parlare d’amore, ma attraverso un fatto a noi esterno. Con Lorenzo è avvenuta una reciproca contaminazione, ad esempio in “Majorana” non avrei mai immaginato di cantare “passa non è che hai mangiato pollo”, è una frase che non sentivo da più di un decennio! (Dimartino)
Contaminazioni interne, ma anche forze esterne che hanno contribuito a plasmare un concept identitario, dove parole e musica sono la forma concreta delle idee creative.
Noto che ultimamente appena si sente un ritmo leggermente più strutturato ed un basso in overdrive subito volano gli accostamenti con i Tame Impala: non è sbagliato, ma può apparire riduttivo quando c’è un’intera galassia di riferimenti e c’è, soprattutto, la sensibilità personale a fare da filtro in modo determinante.
Io e Antonio abbiamo vissuto la gestazione delle canzoni influenzandoci a vicenda attraverso canzoni, libri e film. “Il prossimo semestre” omaggia Piero Ciampi”, “Cicale” ad esempio attinge da Platone. Credo sia complicato classificare gli input messi in queste canzoni: ci siamo fatti aiutare da produttori come Mace e Frenetik & Orang3, ed abbiamo provato ad impostare tutto il lavoro come una band e non come due singoli che approcciano un disco. Anche su “Luna Araba” la collaborazione con Carmen Consoli è stata pensata ed auspicata proprio nel modo com’è avvenuta: lei è entrata nel brano diventando parte della nostra “band”, non è stata ospite. (Colapesce)
Proprio questa canzone, dove le tre voci si rincorrono creando una nebulosa carica d’elettricità, diventa l’emblema più riuscito della Trinacria, della forte presenza cabalistica (è il brano numero 3 sul disco) che caratterizza con peculiarità l’allegoria agli elementi: la terra, il mare, l’aria. Tutto parte dalla Sicilia, e a quell’isola fa ritorno.
Quando si scrive qualcosa non si può prescindere dal posto dove si viene: nel caso della Sicilia diventa quasi un cappello ingombrante. Te la porti dentro: Lorenzo (Colapesce) alcune canzoni che parlano della nostra terra le ha scritte a Milano. Non possiamo prescinderne. Ma abbiamo sempre voluto evitare il lato folkloristico. (Dimartino)
E di folklore qui ce n’è veramente poco.
Abbonda la forza espressiva per una prova in studio discografico che può affascinare i fan di lungo corso come anche i neofiti di queste felicissime realtà cantautorali. Ci sono tanti estremi che si incontrano e scontrano, per una guerra rovente dove non ci sono sconfitti e l’unica vittoria è appannaggio dell’arte.
“I Mortali” è tante cose: è un concetto oggettivo, è un disco, è commozione ed entusiasmo. È il bellissimo episodio pilota di una serie TV che nessuno girerà.
I Mortali, in sostanza, siamo tutti noi.
Viva la vita cantata così.
Ho pochi diritti su questo brano, solo doveri «Il prossimo semestre»