Il relativo fiore sta a significare “bellezza delicata e fugace”: proprio tra le maglie di una stagione botanicamente ostica come l’inverno che sembra farsi, piano piano, da parte, Filippo Giglio vede concretizzarsi il primo frutto discografico del suo lavoro col moniker Ibisco. Si intitola “NOWHERE EMILIA” l’album pubblicato nel più recente gennaio da V4V Records, su distribuzione Universal.
Dieci tracce fatte di contrasti, di inquietudini e forti polarizzazioni, ben rappresentate dall’art work minimale e dai cromatismi del progetto rigorosamente declinati in bianco e nero. Da Bologna arrivano istantanee di non-luoghi, declinati nell’inglese “nowhere” perché suona meglio e perché non c’è sempre bisogno di forzare spiegazioni.
Va così, come i suoni e le parole che Ibisco mette insieme. Tra fogli di carta e pentagramma c’è una narrazione dell’Emilia lontano dai soliti stereotipi. In prossimità della vita da universitari fuorisede (ma anche fuoricorso) e degli aperitivi si apre la scena alla provincia; ai dintorni di quel centro culturale che finiscono per essere fagocitati dalla malinconia, dal disagio quotidiano e dalla monotonia del freddo cemento.
Ibisco e il realismo dei non-luoghi in “NOWHERE EMILIA”
In tali contesti la penna di Filippo si muove rapida e ispirata, vivace in una scrittura per immagini che per certi aspetti ricorda il primo, fulgido Cosmo che si presentava con “Disordine”; sul versante strumentale, “NOWHERE EMILIA” forgia un post-pop dove elementi d’elettronica tra ritmiche stratificate e cassa dritta incontrano accordi di chitarra riverberati e un sottile retrogusto industriale e sintetico. Bologna si eleva in principio di anni ’20 a centro d’interesse (culturale e sociale) di una repubblica sovietica; in nome di quel realismo socialista che nessuno ha mai compreso fino in fondo ma che, alla fine, si rivela una fascinazione sempre efficace e d’impatto.
Le suggestioni sulla Via Emilia ti fanno alzare una mano in alto per incontrare i raggi del sole. Oggi è più spento del solito, e nella tracklist di Ibisco per riscaldarsi ci si rifugia nel fare musica come affermazione di vita.
Atto creativo dalla forte presenza corporea, performativo nel ballo.
Sarebbe stato semplice, a suo modo, declinare il tutto attraverso un cantato tetro e compassato. Invece no, è la melodia a farla da padrone; registri alti che lasciano comprendere quanto l’artista sia “dentro” le sue canzoni ed efficace nell’infuocare l’anima di ognuna delle stesse.
C’è sempre una storia che tutti raccontano, ed il risvolto della medaglia che è più scomodo e lasciato ad impolverarsi. Ibisco si prende l’onore (e l’onere) di svelare “the dark side” di una porzione d’Italia la cui introspezione è stata cantata poche volte, mai in questi toni oscuri; prodotto di un cantautorato che fagocita il presente e smania per trovare l’orientamento del futuro, “NOWHERE EMILIA” brilla come un long play di contenuti e frammenti di malessere da esorcizzare grazie al potere taumaturgico della musica. Abbiamo tra le mani un disco che, per tessiture concettuali e convergenze tra visto e sentito, non sfigurerebbe come materiale d’esame in sociologia degli audiovisivi.
Sono passati i tempi dell’Emilia paranoica. Resta da fare i conti col grigiore e le macerie di una pandemia alla quale si prova a dare la spallata definitiva.
E chissà cosa resterà di questi paesaggi quando ormai è tutto un bonus 110% sulle facciate dei palazzi.