Partiamo col dire che il titolo di questo album è decisamente pretenzioso e questo, faccio outing, mi piace. dal momento che tutto il mondo della black music, dalle sue origini ad oggi, si è basato sull’essere pretenziosi in un’accezione decisamente etimologica di “pretendere”, pretendere diritti, pretendere spazi, pretendere di essere ascoltati, pretendere di esistere. Pensare, nel 2021, che questo tipo di atteggiamento di pretenziosità sia anacronistico è totalmente errato perché è congenito nell’attitudine e nella “stilosità” di un certo modo di fare musica. E di attitudine e “stilosità” nell’album de LaHasna ce n’è a volontà
Spesso intorno a questo mondo si accendono dibattiti (sterili a mio giudizio) sul confine tra il “ci fa” e il “ci è” come se in realtà fosse possibile avere gli strumenti per analizzare questo confine (e ammesso che esista questo confine).
LaHasna questo lo sa, e gioca, ci gioca, si prende gioco di tutti i benpensanti pronti a fare le pulci ogni qualvolta un’artista si cimenti nel mondo dell’r’n’b, ancor di più se l’artista in questione e di genere femminile, perché è ripida e liscia la discesa che porta ai luoghi comuni che gravitano intorno a questo mondo.
È tutto perfettamente accattivante, i beat, le trame melodiche dall’evidente sapore mediorientale e i testi (forse soprattutto i testi). LaHasna è di origine marocchina e l’influenza della musica araba arriva in modo massiccio negli intervalli di scale che compongono le linee vocali.
Tanto il “detto” quanto ancor di più il “non detto”, in un continuo ammiccare, pretende, provoca, si afferma con forza.
Ci puoi cascare, o non cascare, ma se rimani indifferente, quasi sicuramente stai facendo finta, non puoi rimanere indifferente. Dall’inizio alla fine vieni trasportato in questo mondo fatto di luci soffuse, incensi e spezie. Sensualità e sessualità sono concetti espliciti, diretti e anche qui non c’è nulla che debba gridare allo scandalo. D’altronde se mettiamo in fila tutte le “pussy” dei testi dei rapper nella storia, andiamo direttamente su Marte senza chiedere il permesso a Elon Musk.
I beat non risultano mai prevedibili, anzi, anche loro giocando con sfaccettature etniche risultano sempre freschi e intriganti, spesso strizzando l’occhio più alla 2step (che ultimamente sta decisamente tornando in auge) che alla old school dura e pura.
Dopo i primi 3 singoli (“10 ore”, “Orione” e “Bancomat boy”) “Il nuovo RnB italiano” è un album sicuramente interessante. Si discosta di molto da ciò che è più facile, in questo periodo storico, ascoltare nelle rotazioni radiofoniche. Questo non vuole, in nessun caso, essere un giudizio di merito. Personalmente amo “incappare” in qualcosa che risulta essere diverso dalla maggior parte dei prodotti che vengono collocati in un genere, piuttosto che in un altro, e LaHasna senza dubbio è, a mio parere, un “qualcosa” di piacevolmente diverso. Scordatevi gli hihat della trap, scordatevi gli incisi facilmente orecchiabili e scordatevi gli elenchi telefonici di featuring. Qui c’è solo lei, e direi che basta e avanza!