Mameli, “Amarcord”: una storia d’amore finita male ma senza rimpianti
La parola d’ordine è nostalgia ed è il filo che funge da leitmotiv per i 10 pezzi del nuovo album di Mameli, “Amarcord”. Già dal titolo si nota il lampante riferimento felliniano: abbiamo la percezione di trovarci davanti ad un lavoro dal sapore dolce amaro. Mameli canta d’amore, come altri suoi colleghi fanno al giorno d’oggi, ma trova la sua chiave personale per scaricare emozioni e sensazioni che si porta dietro dal 2019.
Raccoglie i pezzi di una storia finita male, ma non con rabbia o rancore, bensì con la consapevolezza di aver vissuto una storia d’amore a pieno, senza rimpianti. Nel disco si nascondono indizi che fanno riferimento al mondo dell’artista: Borotalco è una citazione al film di Verdone, Futuro strizza l’occhio a Dalla quasi per gioco e Maniglie ha un riferimento voluto alla parte musicale di Pablo, celebre canzone di De Gregori. Da questo capiamo che Mameli vuole portare l’ascoltatore nel suo mondo interiore, con quel pop retrò che non risulta banale e non vuole rincorrere la hit a tutti i costi.
Traccia più interessante del disco: Argomento Triste, mi ha colpito particolarmente perché la prima parte si regge solo una chitarra acustica e l’artista è spoglio di ogni impalcatura superflua. La seconda parte si apre poi a sintetizzatori ed elettronica senza scardinare l’impalcatura del cantato, il risultato è un brano triste sì, ma che identifica perfettamente il mood dell’intero album. E se Mameli canta di una storia d’amore finita, mi sembra giusto consacrare il progetto così.
Partiamo subito dal contrasto emotivo che questo album esprime: la realtà superficiale delle cose che appaiono e la profondità dei pensieri che non si vedono. Quali sono le cose di te che vediamo fuori e quali invece quelli che tieni nascoste?
Ciao, in questo momento mi sento tanto messo a nudo. Sono stato un po’ riservato su alcune cose, ma l’album è stato la chiave per aprirmi su quelle che sono le mie insicurezze e le cose che tengo nascoste.
Amarcord è un titolo evocativo, una parola presa in prestito dal celebre film di Fellini: quella di cui parli però non è una nostalgia da fare a pezzi il cuore, piuttosto una porta ancora aperta su una storia che non è del tutto finita. Quanto c’è di personale e autobiografico in questi brani?
I pezzi raccontano la mia storia. È stato molto strano perché è come se avessi una lampadina in testa che ogni tanto si accendeva e partivano dei ricordi.
In questo album ci sono due feat importanti, il primo con Lorenzo Fragola e il secondo con Alex Britti. Come sono nate queste collaborazioni?
Sono due collaborazioni completamente diverse. Alex è uno navigato, un musicista della madonna che ha fatto centinaia e centinaia di concerti. Lore è un mio amico, giochiamo alla playstation e soffriamo insieme per l’Inter. È fortissimo a scrivere e cantare, abbiamo fatto una figata.
In “Maniglie” citi esplicitamente un brano che De Gregori non ha fatto per molto tempo durante i suoi concerti. Che rapporto hai con i grandi cantautori del passato?
Ci sono cresciuto, ho iniziato a scrivere per colpa loro. Penso sia abbastanza normale, nella cultura italiana, ascoltare i nostri cantautori storici. Ho un po’ paura che questa cosa possa perdersi col tempo.
L’album si chiude con una traccia che si chiama “Futuro”, un inno di speranza. Forse cambieremo il modo di comunicare e anche quello di vivere, come immagina Mameli il suo domani?
Spero pieno di concerti, tra cui anche i miei. Sono la cosa che mi manca d più! Ciao e grazie.
Giulia Perna
Meglio conosciuta come @machitelhachiesto. Salernitana di nascita e bolognese per amore di questa città. Ha conseguito il titolo di Laurea specialistica in Comunicazione pubblica e d'impresa presso l'Università di Bologna. Si definisce "malinconica per vocazione". Da grande vorrebbe osservare le stelle. Crede nella forza delle parole, nella bellezza che spacca il cuore e nella gentilezza rivoluzionaria. Le piace andare ai concerti, mischiarsi tra la gente, sentire il profumo del mare e camminare sotto i portici.