I Materazi Future Club scendono in campo con la loro “Formazione titolare”

Ho scelto di raccontare in chiave filosofica “Formazione titolare”, il primo disco dei Materazi Future Club (uscito lo scorso 2 dicembre 2022) perché in esso si racchiudono le mie due più grandi passioni, il calcio e la musica. Quiete e tumulto, passione e rabbia, libertà ed eccesso.

La musica è per me vitale: mi permette di ritrovare pace, serenità, allegria, leggerezza, di dare espressione a quell’emotività più semplice, meno complicata che non riesco a tirar fuori solo scrivendo. E poi c’è il calcio. Lo dichiaro subito a scanso di equivoci: sono milanista.

Sono Milanista dai tempi di Shevchenko, mi ricordo Seedorf con le treccine, l’inespressività di Pirlo e le sue magie a centrocampo. Kakà che correva alla velocità della luce, Nesta, Maldini, la parabola in picchiata disegnata dal talento di Alexandre Pato. Mi ricordo gli addi, il trasferimento di Sheva al Chelsea nel 2007, che poi ne segnò di fatto la fine della carriera, il ritorno di Kakà, le Champions, le finali perse, i gol improbabili di Pippo Inzaghi, le sue esultanze, gli abbracci coi miei vicini di casa, le delusioni e le imprecazioni.

Quando guardo una partita mi trasformo. È come se guardando una partita riuscissi a dar sfogo a tutte le passioni, negative che al di fuori non mi è concesso esprimere. Mi arrabbio, sbraito, certe volte rimango talmente in tensione che dopo 90 minuti sembra davvero che sia stata io a scendere in campo. E a chi mi dice che dovrei smetterla di urlare e arrabbiarmi dico molto semplicemente che il calcio è la mia valvola di sfogo. E mi riservo il diritto di non cambiare.

Materazi Future Club
Materazi Future Club – Formazione Titolare [Ascolta Qui]
Tutto questo per dire che quando sono stata iniziata a questo progetto, “Formazione titolare”, mi sono detta che volevo raccontarne la genialità.

La formazione schierata dal Materazi Future Club è un 3-4-1-2: Soviero in porta, Mimmo Criscito a sinistra, Materazzi centrale e Jaap Stam a destra. Centrocampo composto da Marek Hamsik mezzala sinistra, due mediani possenti e veraci come Gattuso e De Rossi e a destra a tutta fascia Luciano/Eriberto (feat. Max Collini). Dietro alle punte in tutto il suo genio (calcistico) e la sua sregolatezza (esistenziale) Cassano ad inventare per Ronaldo (il fenomeno, quello vero) e Giuseppe Rossi. Alla guida del timone, la gioia e il dolore, Zdenek Zeman.

L’idea che sta alla base di “Formazione Titolare”, è quella di richiamare a livello melodico la ruvidezza dell’indie rock inglese ma soprattutto c’è la voglia di ritrovare lo spirito ridotto a fantoccio di un calcio sporcato dalle logiche di un business che snatura la bellezza di uno degli sport più amati al mondo.

Il progetto Materazi Future Club racconta quindi una favola romantica, un romanzo calcistico che sembra stato scritto secoli orsono attraverso dei brani che esaltano chi già conosce determinate vicende ed avvenimenti storici nel mondo calcistico, chi non li conosce e vuole saperne di più e anche chi non sa nulla di calcio e vuole semplicemente ballare e divertirsi con un sound indie-rock che ci proietta all’inizio degli anni 2000.

Materazi Future Club
Soviero

A cosa pensiamo quando parliamo di calcio?

Quando si parla di musica e di sport, ci si riferisce a due mondi apparentemente distanti. Ma se ci pensiamo bene, la passione che spinge le persone a tifare per la propria squadra del cuore non è così diversa da quella che le spinge ad andare ad un concerto.

Perché il calcio, differentemente da sport come il tennis o il golf, non è uno sport individualistico ma ha sempre a che fare con una squadra e dunque la sua natura è collaborativa. I calciatori si muovono cooperando gli uni con gli altri e ciascuno dà il suo contributo sulla base del ruolo che ricopre. Non a caso il filosofo Jean Paul Sartre, quando rifletteva sulla natura delle organizzazioni sociali, rivolgeva la sua attenzione proprio al calcio.

In entrambi i casi, c’è una sorta di identificazione con l’artista o con la squadra. Quando si tifa per la propria squadra, si fa parte di una comunità di tifosi che condividono la stessa passione e che cercano di trasmettere ai giocatori il loro sostegno. Lo stesso avviene durante un concerto, durante il quale il pubblico si identifica con l’artista, condivide le sue emozioni e partecipa attivamente alla performance.

Ma la passione per lo sport e per la musica non si limita alla semplice identificazione. C’è una sorta di “catarsi” che avviene durante le partite e durante i concerti, un’esperienza intensa che ci fa dimenticare tutto il resto e ci permette di vivere il momento presente con intensità e abnegazione.

Quella che Jean Paul Sartre definisce “prassi” è la libertà d’azione, subordinata all’agire della squadra che si integra ad essa o che la trascende. Ovviamente ciò che interessava Sartre è il modo in cui l’organizzazione plasma la relazione tra le azioni individuali dei singoli e quella collettiva delle formazioni.

Gattuso
Di fronte quindi ad una politica del calcio dominata dal denaro i Materazi Football Club ci riportano alla dimensione socialista, a quella essenza gregaria che ci fa ricordare della poetica di uno sport nato più di 160 anni fa. Una bellezza che ci fa commuovere ripensando alle gesta eroiche dei calciatori, alle bandiere dei tifosi, agli striscioni, ai loro inni.

Che poi, se ci pensate bene, è anche il motivo per il quale quando giocano le nazionali si mobilitano intere generazioni e si riscopre il piacere di un’identità collettiva che ci accomuna e ci unisce per partecipare idealmente, allo stesso gioco e sostenere la propria squadra.

Mi ricordo esattamente dove stavo quando l’Italia vinse il mondiale del 2006, mi ricordo le persone che ho abbracciato. Il segreto del calcio risiede quindi nel fatto di creare un legame con le vite degli altri, le vite delle persone che ci stanno accanto e quelle lontanissime dei giocatori che probabilmente non conosceremo mai.

Ma il campo apre una dimensione particolare anche del fare esperienza e della percezione del tempo. Perché quando guardiamo una partita è come se fossimo sospesi nel presente della partita, intrappolati in un presente incerto, in cui aspettiamo l’attimo esatto in cui tutto accade. Una scivolata, un passaggio veloce ed ecco che si consuma la meraviglia: la palla entra in rete e tutti sembriamo sospinti verso l’alto. È in quel momento che ci eleviamo al di sopra del quotidiano per raggiungere l’estasi di un istante, evanescente e collettivo in cui urliamo, esultiamo.

Tanto che lo scrittore belga Toussaint definisce la poetica del calcio “apotropaica”. Ovvero pervasa da una speciale magia capace di tenere lontana la sfortuna e i demoni che remano contro. E questo spiega anche perché il calcio sia intriso di riti e superstizioni.

Ronaldo
Perché il calcio ci fa sentire vivi?

Il calcio è anche e soprattutto un dramma, un dramma forse più vero di quelli che si vedono a teatro, semplicemente perché nel gioco del calcio si compiono le macchinazioni del fato e si compiono i destini delle nazioni. Perché il calcio è anche e soprattutto una rappresentazione delle identità nelle loro mutevoli, complicate e dolorose forme. Uno dei più bei ricordi che ho riguardo al mondiale di quest’anno (dal quale l’Italia è stata rovinosamente esclusa) riguarda la semifinale.

Mi ricordo la pattuglia della polizia fiancheggiata da una macchina dalla quale sventolava una bandiera del Marocco che suonava a festa; dalla radio si sentiva una canzone: niente caos, solo gioia, divertimento. Mi ricordo un gruppo di ragazzi italiani che si avvicinavano e stringevano la mano a quest’uomo lontano dal suo Paese che probabilmente in quel momento stava sperimentando una vicinanza alla sua terra e a tutti i connazionali che si trovano in giro per il mondo.

Cosa c’è di più magico? Il punto è che la verità del dramma risiede nella performance e il calcio è la performance. Tutti gli allenatori, calciatori compresi sanno che tutti gli schemi tattici salvati non servono esattamente a niente quando l’arbitro fischia il calcio di inizio.

Formazione titolare” ci fa ballare sulle dichiarazioni e le conferenza di personaggi che hanno fatto la storia del calcio, consapevoli che le conferenze stampa e le interviste a giocatori e allenatori sono semplicemente delle simpatiche perdite di tempo. Semplicemente perché funzionano a posteriori.

La chiave del calcio nella speciaòe interazione tra il sublime della musica e il bello dell’immagine. Dionisio e Apollo, calciatori e tifosi. Riprendendo le argomentazioni di Sartre possiamo dire che l’azione individuale del giocatore è integrata a quella della squadra ma è mediata a livello collettivo da quello sguardo più alto dello spettatore, un po’ come avviene per i concerti.

E quindi come non possiamo non emozionarci di fronte alla favola di Mimmo Criscito che ha scelto di chiudere la sua carriera al Genoa, giocando praticamente gratis? Come possiamo non sorridere pensando a Ronaldo il Fenomeno arrivare al Milan completamente fuori forma e vederlo comunque ipnotizzare gli avversari, col suo doppio passo. Come non pensare alle sue lacrime, quel famoso 5 maggio? E come non dispiacersi per l’enorme talento del Pepito Rossi, inficiato da troppi infortuni; come non ridere per lo spirito rusticheggiante di Gennaro Gattuso e rimpiangere di non aver visto giocare il trio delle meraviglie, Maradona e il Divin codino?

L’operazione nostalgia di “Formazione titolare” funziona. Ora è arrivato il tempo di ballare: balliamo.

Materazi Future Club
Materazi Future Club

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *