Non so se vi sia mai capitato di trovarvi a dover scrivere qualcosa e non avere nemmeno una parola in mente. Non serve che voi siate scrittori, redattori o giornalisti: lo spazio bianco si palesa anche quando c’è da compilare la lista della spesa. Ecco, sono giorni che cerco parole per descrivervi un disco d’esordio a metà tra uno splatter d’essai e un gioco di simmetrie, ma cancello tutto. Già questa frase può essere un inizio: allora cominciamo da qui, per entrare nel mondo di “Morbido“, il nuovo disco del cantautore Moci.
La tracklist di “Morbido” parla già da sé, con titoli evocativi, ma è l’ascolto la chiave di tutto.
“Morbido” non ha una precisa linea musicale, ma preferisce districarsi tra sonorità diverse – che a tratti richiamano l’Ezra Furman di “Perpetual Motion People”. La musica è una componente necessaria per tracciare il percorso di questo disco, necessaria e sconvolgente a volte: sconvolge una strada ideale che tentiamo di percorrere, mentre ascoltiamo ad una ad una le tracce. Lo sconvolge perché non esiste dicotomia perfetta tra suono e parole, quanto piuttosto melodie malinconiche su parole crude e viceversa.
Moci è un cantautore senza peli sulla lingua, penna giovane e da preservare in un mondo di testi costruiti come un puzzle preciso.
Dalla sua sfera emozionale e personale, Moci cerca di trarre le riflessioni radicate in questo tempo e figlie di un’anima grezza e in crescita, forte della propria vulnerabilità e del coraggio di raccontare il mondo così come lo vedono i propri occhi e lo sente il suo corpo: mica solo cuore, ma stomaco e pelle e vene e nervi. Insomma, di fronte a questo disco bisogna porsi in ascolto sapendo di abbandonare pregiudizi e certezze: è un racconto sincero di un ragazzo che lascia il terreno dell’adolescenza e canta il mondo in cui si affaccia, senza romanticismi inutili. Un disco di metafore vivide, per niente delicate, che tengono il ritmo dei pensieri del cantante romano.
Il disco si apre con Pensieri bellissimi, un titolo surreale per immagini che possono sembrare lontane dal bello a cui siamo abituati: “l’anima mi è andata di traverso”.
Continua con Telegiornale, una cronaca del tutto personale, finalmente ribaltata e per questo iconica, dei sentimenti più canonici – papabile colonna sonora di un film di Virzì. Allo stesso modo, con Coralli e Primo Piano, Moci canta per seminare immaginari crudi e vividi attraverso ritornelli che sicuramente restano in testa. Mica male non ha bisogno di ulteriori connotazioni: “strappami la pelle dalle dita come fai col Vinavil”.
C’è altro da aggiungere se non che finalmente abbiamo ribaltato l’usuale romanticismo indie-pop?
Queste le note più impattanti di un disco che, per essere un esordio, contiene tutte le migliori promesse. Le tracce restanti fanno da eco a una struttura ben precisa dell’album: raccontare senza mezzi termini il cuore pulsante di una generazione che si “strappa la pelle”.
Inusuale, informale, “Morbido” è un disco che gioca con la tremenda realtà. A Moci importa soltanto riuscire a mostrarsi per quello che è davvero, entrare dentro le sensazioni, attraversarle e raccontarle attraverso le immagini e i contrasti. Questo disco infatti spegne qualsiasi idea di linearità, gioca a mettere in risalto tutto quello che non si direbbe mai, perché l’universo dei vent’anni non è per niente scontato. È acerbo, magari, ma nessuno lo potrà raccontare mai bene come chi ci sprofonda e affonda dentro.
Virginia Ciambriello
24 anni, nella vita mi perdo tra le strade di Bologna e scrivo tutto il giorno. "Chitarra e voce" sono le mie parole preferite.