Non voglio che Clara: il gusto dolce amaro della “super malinconia”
Dopo cinque anni di lavoro silenzioso, finalmente, a dicembre 2019 sono tornati con il singolo La Croazia i Non voglio che Clara, band pop-rock del bellunese. Nel 2014 ci aveva lasciati in sospeso con l’album L’amore finché dura: il discorso era aperto e, quindi, c’era la speranza che non fosse concluso.
A febbraio 2020, infatti, è uscito finalmente Superspleen vol.1, in prossimità di un periodo delicato per tutti.
Preciso e puntuale a tenere compagnia durante il lockdown, il disco si presenta con un pop sempre meno in bianco e nero, ma più influenzato da sonorità sintetiche, molto suonato e sempre più corale. La scrittura è aperta al racconto: come per i precedenti lavori ritroviamo una scrittura narrativa. Quella dei Non voglio che Clara pare la continuazione di una naturale evoluzione del cantautorato nostrano.
Raccontano la loro super malinconia, tanto differente ma allo stesso tempo tanto simile allo spleen baudelairiano. Quest’ultimo è caratterizzato da un cielo basso e opprimente, la terra è un’umida prigione, la pioggia fa sbarre, le campane urlano e la speranza è in trappola: l’angoscia, la malinconia, il tedio esistenziale lo definiscono. Il Superspleen dei bellunesi dà una sensazione simile. In questo caso la malinconia è più esperibile e meno opprimente, forse grazie alla voce pacata di Fabio de Min, o forse perché, appunto, il lockdown ha permesso a tutti di empatizzare con questo sentimento.
La super malinconia di cui si parla ha “il gusto dolce amaro della liquirizia” o quello strano di una sigaretta. È l’assenza di un sogno o una richiesta la notte di San Lorenzo. Superspleen è un grande “chissà”: chissà se Barbara si è pentita di essersi sposata a vent’anni? Chissà Patrick? Chissà. Ed è anche una speranza disillusa, la ricerca di un miracolo, “la ragione non basta e a volte ci vuole la malafede”. Quindi ci sono i temutissimi trent’anni, le sigarette, gli amori finiti, i fallimenti della vita adulta, ma certe volte questa malinconia può avere anche un sapore un po’ meno amaro.
“Se questo mondo ci chiudesse fuori / ci inventeremmo nuove soluzioni”
Ed è cosi che le mura domestiche assistono a concerti in streaming, corsi di danza, lezioni scolastiche, workout improbabili, esperimenti culinari, nel tentativo di rendere più dolce un tempo così tanto dilatato e penoso. La speranza non è più necessariamente in trappola, anzi fa vivere bene la momentanea sensazione di prigionia.
“Quando pensi che la vita sia finita ma è solo un po’ assopita”
I protagonisti sono, dunque, i sentimenti, soprattutto la nostalgia vista come recupero di una memoria interna. Il ricordo è sempre dolceamaro, schietto e pulito, senza virtuosismi. Senza la ricerca del riff a effetto, una grande spontaneità e trasparenza rendono l’ascolto del disco sicuramente piacevole ma anche utile, per certi versi, a centrare il punto quando la vita pare sfuggire dal controllo.
“Io sono anni che non faccio sport e di cantare chissà se smetterò”, chissà, spero di no. I Non voglio che Clara hanno dimostrato ancora una volta che, pur cedendo per certi aspetti alle influenze più di tendenza, si possa rimanere autentici senza dover scendere a compromessi, anzi, riuscendo a contenere tutto in armonia.