“OK”, Gazzelle: ci hai convinto!

Post Punk è il nuovo album di Gazzelle, uscito lo scorso 25 ottobre. Non abbiamo avuto il tempo di abituarci alle sonorità di Punk (il precedente lavoro del nostro Flavietto), perché quest’ultimo è già tornato a sorprenderci, con quella che di fatto è una versione ampliata dello stesso. Cifra distintiva è sempre la voce graffiante di Flavio, che ci racconta di amori malati e di storie finite come l’ultimo bicchiere di una serata da dimenticare. Il tutto condito, però, di un romanticismo pop irresistibile e quasi rassicurante. Un album adatto, insomma, all’inverno che sta per arrivare.

Gazzelle – Foto di Andrea Mete
Ci siete cascati! Questa non è la recensione di “Post Punk”

No, non sono ubriaca né tantomeno impazzita. E sì, non siamo nel 2019 ma nel 2021, con l’inverno già alle porte e la primavera ad attenderci. No, Post Punk non era sfuggito ai radar di noi Rane. E sì, ci era anche piaciuto parecchio. Fatto sta che, però, una recensione vera e propria non è mai uscita. Quale occasione migliore, allora, per pubblicarne ora un estratto, ed attirare così l’attenzione del vostro orecchio attento sull’ultimo – stavolta per davvero – lavoro di Gazzelle?

OK mi ha convinto, proprio tanto. E la cosa curiosa è che, a differenza di quanto si aspettava gran parte della critica – abituata ad usare sempre le stesse parole per descrivere Flavio (graffiante, malinconico e bicchieri, sostanzialmente) – questo album è davvero una chicca che si discosta dai precedenti, confermando comunque lo stile unico di Gazzelle. Ma andiamo con ordine. Ho ascoltato decine di volte le undici tracce che lo compongono e ogni volta la storia che sembrava fare da sostrato a tutte quante le canzoni si arricchiva di nuove immagini, si colorava di nuove nuance.

OK comincia allora con il Blu, un colore dentro il quale scivola via la protagonista di questo primo brano.

Un colore che in inglese significa triste e che dà pure il nome ad un genere musicale: il blues, che, a sua volta, della tristezza ha fatto nota e della nota, forse, una nuova allegria. Di fatto però, “to have the blue devils” (espressione da cui deriva tecnicamente la parola “blues”) sta a designare più l’astinenza da alcolici, la tristezza mista a depressione di chi si è allontanato dal bicchiere e deve trovare qualcos’altro: “un biscotto, un cerotto”. Questo particolare genere di tristezza sembra davvero pervadere tutto l’album. Un album in cui, per la prima volta nella storia di Gazzelle, non si parla di bicchieri, né di alcolici. Solo di amore, l’ubriachezza più bella.

In Destri, che ci ha accompagnato in radio per tutto l’autunno, questo amore è finito, irrimediabilmente. Nessun destro al muro ci farà tornare “a quei momenti lì”. Però quei momenti ci sono, restano scanditi nella memoria e nella canzone: non scivolano via nel blu.

Il mare, le luci di natale, gli schiaffi sul sedere, lo spazzolino uguale, la panda manuale, bruciare in una notte, come una cattedrale”. E ancora, “gli occhiali di mia madre, le quattro del mattino, le winston blu (questo colore che ritorna) smezzate, le facce come zombie, svegliarti mentre dormi, come le cazzo di zanzare

Gazzelle, OK [Ascolta qui]
I momenti restano e l’amore è scivolato via, “lontano”.

GBTR ci racconta proprio questo: lo stato in cui non si ha davvero più “nulla da perdere, né nulla da vincere”. Fantastiche, in questo pezzo, le metafore: la vita è un burrone, “non guardare giù”; la vita è un pallone, “e tu non segni più”. E ancora, la luna diventa una barca, le foglie sono stelle – in una sorta di mondo rovesciato, il mare in cielo e il cielo in terra. E lei, lei è un’astronauta.

Doveroso un balzo a due canzoni dopo, dove – in Lacri-ma – lei passeggia sola per la strada, stavolta come un’astronave, verissima in mezzo alle stelle, che però abbiamo visto essere soltanto foglie. E fra quelle stesse foglie, nel brano successivo (OK, che dà il titolo a tutto l’album) lui la cerca.

Da mezzanotte come un pazzo fino alle sei, in mezzo ai sassi, in mezzo alle foglie, dentro ai locali, dentro ai musei

Cerca senza trovare e allora forse non resta che chiedere Scusa. Ma le scuse stesse, nell’omonimo brano, vengono pronunciate quasi come un mantra. E, proprio come un mantra, sono così dense di significato che quasi non ci accorgiamo della ripetizione a macchinetta. Se l’amore è volato via, in questa traccia il desiderio – l’amore quello vero, quello che ti porta a volere una persona e a volerne il bene – resta sempre lo stesso:

E non c’è niente a parte noi, a parte i sogni rotti e quelli che non vuoi. Fermati qui e resta così, prima che il tempo porti via ogni cosa, e sarò io e sarai te, l’unica cosa al mondo da non perdere

A tirare le somme di questo discorso in musica, l’ultima traccia, Un po’ come noi.

Le sonorità di questo brano suggeriscono un rock d’oltremanica che è decisamente “Post Punk” – e chissà se magari proprio queste nuove sonorità tracceranno una strada per il futuro di Flavietto. Nel testo, invece, lei è nuda come una foglia (o come una stella, se ricordiamo GBTR), “in un giorno di pioggia mentre scende la sera”. Nuda come la luna (o come una barca, se ricordiamo ancora GBTR), “come quando hai paura mentre guardi nel vuoto”. E forse è proprio la paura del vuoto che rende i due protagonisti di questa storia che si conclude due semplici aeroplani di carta, “che non rimangono mai in aria, un po’ come noi”.

Quel noi a ben vedere siamo tutti. Noi esseri umani che vogliamo volare – magari anche innamorandoci – ma non siamo fatti per farlo, costitutivamente, e abbiamo paura. L’amore è una sfida al nostro essere incapaci di volare. E questo è il primo album di Gazzelle che possiamo ascoltare senza piangere e senza bere nemmeno un bicchiere.
OK, Flavio: bravo!

1 Comment

  1. Alessandro Sarno 22/02/2021 at 7:54 pm

    Bellissimo articolo,ben dettagliato e ritrae perfettamente l’espressività e il messaggio del concept album,che a mio avviso,andrebbe ascoltato più volte possibilmente in 5:1 per scorgere ogni signola sfaccettatura…


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