I Respiro sono arrivati dal futuro per svelare l’illusione del nostro presente
Dopo “unPOPositivo” del 2019, i Respiro tornano a giocare con le parole e con la realtà nel loro nuovo album intitolato “JUNGLE GUM”. Proprio come una gomma da masticare che riempie la bocca e le chiede di mettersi in movimento, il sound sperimentale del duo salentino va sminuzzato e assaporato a tempo di morsi che sanno alternativamente di pop, elettronica e hip hop e che lasciano quel retrogusto vintage tipico degli anni ’80.
Ma il disco dei Respiro non è fatto solo di innovazione musicale. Anche le parole si trasformano e si arricchiscono di nuovi significati per raccontare la realtà con occhi diversi. I protagonisti di “JUNGLE GUM”, infatti, sono dei viaggiatori provenienti dal futuro che si ritrovano in un mondo delirante e caotico da cui la felicità sembra essere volata via da tempo: una vera e propria giungla urbana.
La prima scena ad essere descritta non poteva che essere quella dell’atterraggio sulla Terra in un’epoca che coincide con il nostro presente.
La magia della curiosità viene rotta fin dall’inizio: non è certo la mitica età dell’oro che i due viaggiatori si aspettavano.
“Qui la musica non cambia mai. Sai, sembra quella del futuro ma è sempre la stessa”.
Nessun tempo di pace, nessun mondo migliore: le guerre continuano a imperversare, la storia si ripete sempre uguale e perfino la musica non ha nulla di originale, ma solo il gusto di un ritornello già sentito.
La perlustrazione continua e i due viaggiatori del futuro si imbattono sul fenomeno della “Pre-carie” che dilaga tra i più giovani, perennemente in preda ai dubbi e privi di ogni certezza:
“Non ho capito bene come si volta pagina, come si cambia scatola, come si compra casa, come si cambia nome, e se hanno rubato la tua bussola com’è che trovi la tua direzione?”
L’unica soluzione è quella di farsi curare “da uno bravo”, che nel gioco di parole del titolo diventa il dentista, l’unico che, montando il byte, è in grado di mettere le catene alla bocca e quindi all’urlo della propria mente confusa.
Il terzo brano dell’album è dedicato a un personaggio di nome Emily.
È lei una delle poche (se non l’unica) ad essere riuscita a vincere il richiamo della giungla, che tuttavia ogni notte torna a tentarla. Il calare delle tenebre diventa in questo caso sinonimo di perdizione e di perdita: se si ascolta quel canto delle sirene e si sceglie di entrare a far parte di quella società, si rischia di smarrirsi e non ritrovare più la propria identità. Questa lotta interiore che mette a dura prova la forza di volontà si ripete notte dopo notte per placarsi soltanto all’alba, quando Emily può dire a se stessa: “Sei ancora forte, hai battuto la morte”.
Dopo Emily è la volta di “the wORking dead”, un personaggio che prende le sembianze di tutti coloro che hanno conquistato il tanto agognato “posto fisso”. Ma a che prezzo? Se la protagonista del brano precedente è in grado di preservare la propria anima e di stabilire i confini della propria libertà, qui gli impiegati d’ufficio restano inevitabilmente inchiodati alle proprie poltrone, privati di qualsivoglia desiderio, ambizione o passione. La vita prima del lavoro diventa una sorta di sogno lontano e irraggiungibile sia nel passato che nel futuro, una fantasia fatta d’amore che a tratti ritorna a fare capolino tra i pensieri e a porre la fatidica domanda: ne è veramente valsa la pena?
“Noi qui stiamo bene” è la risposta che arriva con la traccia successiva.
Qui i Respiro dipingono un quadro piuttosto familiare: quello di una realtà in cui pullulano terrapiattisti, complottisti, no-vax, scienziati laureati all’università della vita e chi più ne ha più ne metta. Parliamo di “molecole perse e senza regole”, esseri umani che fluttuano sulla Terra sospinti dal soffio sterile delle loro opinioni nell’illusione che siano bolle infrangibili in cui poter vivere al sicuro.
A questo punto i viaggiatori del futuro s’imbattono in Marina e Giovanni, portatori di un comune senso di insofferenza: la prima nei confronti di se stessa, il secondo rispetto alla propria storia. Entrambi vivono ai limiti della società, emarginati nella loro insoddisfazione e chiedono di essere liberati dalla “corona di spine” che portano sul capo fin dalla nascita, o almeno di potersi riconoscere tra di loro e unirsi nella diversità, perché:
“Chi ha detto che non è naturale nascere con le ali e imparare a nuotare?”
Questo interrogativo prende concretamente forma nel brano successivo.
Le parole si fanno immagine per dipingere quel flusso di umanità proveniente da luoghi lontani che si porta addosso tutto il peso della propria storia di sopravvivenza. Un peso che dalle spalle attraversa tutto il corpo per imprimersi sulla pelle, lasciandola colma di segni:
“Cosa vuoi raccontarmi? È già scritto tutto sulle tue mani”.
“oTTo”, oltre ad essere il numero della traccia che segue, ne sancisce anche il titolo. Il testo, qui, è fatto di regole e numeri: espressione di quella materia scientifica e incontrovertibile che è la matematica, esattamente come le quattro mura che delineano il perimetro dell’esistenza. Anzi, della nostra esistenza da più di un anno a questa parte, fatta di una solitudine dilaniante che ci costringe a fare i conti con noi stessi.
Nel mezzo di questo confronto interiore, non di rado fa capolino la coscienza che a tratti sussurra “Noi non li avevamo visti”. Un’affermazione che diventa una scusa per chiudere gli occhi e girarsi dall’altra parte davanti a chi chiede aiuto. È così che la figura di Ponzio Pilato attraversa le epoche rivelandosi sempiterna e in un istante la sua storia diventa la storia di molti.
L’ultimo brano segna il ritorno dei viaggiatori al loro futuro, delusi e amareggiati rispetto a quello che hanno trovato nel presente. Sulla scia dello stesso “pappà-pappà-pappà” di apertura dell’album, i due protagonisti di “JUNGLE GUM” lasciano la nostra epoca richiamati dalla loro musica. Ma prima di andare, svelano il trucco dell’illusione in cui viviamo e suggeriscono una via di fuga:
“La giungla urbana, se tu sai come fare, è un mondo in miniatura, è gomma da masticare”.
Sono queste le parole che, come spilli appuntiti, fanno scoppiare la bolla e rivelano la verità.
Annachiara Piscitelli
Linguista creativa, danzatrice maldestra, viaggiatrice incallita alla costante ricerca della Bellezza. Sono devota all'antica arte del comunicare, etimologicamente "rendere comune", perché la voce di ognuno di noi risuona in un'eco più grande.