C’è stato un tempo in cui il mondo della musica si divideva tra conservatori, difensori della musica classica e del bel canto, e progressisti, amanti della sperimentazione e convinti che l’importanza del messaggio da comunicare andasse ben oltre l’avere una voce da usignolo. Quel tempo è finito? Probabilmente no, ma c’è un’altra e più imponente questione che infiamma il popolo delle cuffiette.
Talent sì, talent no: questo è il dilemma. Gli ascoltatori di tutto il mondo ogni giorno combattono per difendere la propria schiera di artisti usciti allo scoperto dopo anni di esibizioni per strada e serate gratuite al bar del paese, contro coloro che sventolano alta la bandiera degli show televisivi che aprono la strada alla popolarità.
Una battaglia che affonda le radici in un passato oscuro e misterioso, ma che sembra essere arrivata a una tregua (probabilmente non definitiva, ma tant’è) grazie a un eroe giovane e impavido: Sangiovanni. Originario della landa vicentina, terra rivelatasi artisticamente prolifica nell’ultimo periodo (abbiamo provato a chiedere a Madame il segreto di questa fertilità, ma pare sia dato saperlo soltanto al popolo di Vicenza), ha lottato fieramente tra le schiere di Amici, fino a ottenere il consenso della tribù delle radio.
Ma al di là di mirabili gesta e gloriose vittorie, la verità è una. La musica di Sangiovanni appartiene a una terra franca, in cui le storiche divisioni tra pro-talent e anti-talent si annullano come per magia.
Ammettiamolo: checché se ne voglia dire, i suoi ritornelli rimangono nella testa anche dei metallari più convinti. Sarà quel sapore nostalgico di rap unito al richiamo un po’ dance e al trap appena accennato? Non è ben chiaro: quel che è certo è che qualunque pezzo cacci fuori, non c’è dubbio che sarà una vera bomba.
E come qualsiasi eroe di guerra che si rispetti, Sangiovanni la sua bomba l’ha fatta esplodere al momento giusto. Non si sa come, ma ci siamo ritrovati tra le fiamme del suo album omonimo. Ci siamo tutti lasciati trascinare nei suoi suoni avvolgenti come l’estate appena arrivata. “Sangiovanni”, il disco, è in tutto e per tutto un concentrato: appena 6 tracce (5 inediti più una cover) per uno shot di musica adatto a ogni palato.
Ogni brano è un boccone di ritmi definiti che accompagnano il sapore dolceamaro delle storie che racchiudono.
È quello che accade fin da subito con “Hype”. Il brano che apre l’album racconta di una relazione in bilico tra l’amore e l’odio, tra l’addio e il ritorno, tra la speranza e la certezza “che tanto poi te ne vai e lasci scritto non contare mai su di me”.
Ben diversa l’atmosfera della secondo traccia. In testa alle classifiche per mesi, è stata scavalcata soltanto dal recente tormentone dell’impareggiabile trio formato da Fedez, Achille Lauro e Orietta Berti. Il brano ci porta dritti in due direzioni contemporaneamente: a Malibù, città che dà il titolo alla canzone, e ai primi amori dell’adolescenza. Le volute ripetizioni del testo, a mò di lallazioni infantili, unite ai teneri siparietti tipici di quell’età ci fanno tornare bambini e innamorati. Tanto che all’ultima nota l’impressione è quella di aver compiuto un dolcissimo viaggio indietro nel tempo del cuore.
Ma sarebbe un errore pensare che Sangiovanni si abbandoni ai sentimentalismi facili. Ne dà subito dimostrazione nella traccia immediatamente successiva, “Tutta la notte”. Qui tira un’aria totalmente diversa. La spensieratezza lascia il posto a riflessioni più profonde, a tratti amare, in un vortice che rasenta l’ossessività e che trova la sua forma ideale nell’iterazione insistente e continua del ritornello che dà il titolo al brano, nonché nei suoni che danno vita al pezzo e che risentono dell’inconfondibile tocco esperto di Dardust.
L’alternanza tra luci e ombre che fa intravedere il Sangiovanni bambino e l’adulto si ripete con i due brani successivi: “Guccy Bag” e “Lady”.
Il primo, che ha segnato tra l’altro l’inizio dell’esperienza ad Amici, non è solo l’espressione di un mood più dark e sofferente. È il segno evidente di una grande abilità nel tradurre le immagini in parole, per poi lasciarle fondere in maniera naturale con la musica, in una combinazione che alla fine risulta limpida, diretta e orecchiabile. Tutte qualità che si ritrovano anche nell’ormai popolarissima “Lady”, il pezzo che è stato in grado di far tornare a tutti, più forte che mai, la voglia di ballare, di divertirsi e di giocare ad avere “una vita irregolare come le rockstar”.
Chiude l’album un tributo a Loretta Goggi e alla sua intramontabile “Maledetta Primavera”. Sangiovanni riesce a rendere il brano attuale non solo nell’arrangiamento ma anche nel testo. Lo rivisita con una serie di barre che non vanno a snaturare il pezzo originale, ma contribuiscono a conferirgli una luce nuova e diversa senza togliere nulla all’essenza intensa e struggente di una canzone che ha fatto la storia della musica italiana.
Annachiara Piscitelli
Linguista creativa, danzatrice maldestra, viaggiatrice incallita alla costante ricerca della Bellezza. Sono devota all'antica arte del comunicare, etimologicamente "rendere comune", perché la voce di ognuno di noi risuona in un'eco più grande.