Una casa di un fuori sede dall’aspetto un po’ vintage. Magari in grado di ospitare non più di trenta persone. Tanti cuscini sparsi per terra, delle lucine a decorare un’aria soffusa e del vino del discount da offrire come un ringraziamento. È questa l’atmosfera in cui ho immaginato di ascoltare Senna e il loro disco d’esordio “Sottomarini“.
Un disco piacevole, con un suono che fa un passo indietro rispetto alle direzioni intraprese dalla musica contemporanea ma con la consapevolezza di essere ben strutturato nel suo suonare un po’ come una carezza. Ad orecchie attente non sfugge il suono analogico che rende l’atmosfera più accogliente e intima introdotta da (Punto e a capo) che sembra avere il compito di prendere per mano l’ascoltatore e guidarlo tra le emozioni più spontanee e semplici. Un disco che si lascia ascoltare come una contrapposizione al grigiore di una città in corsa nell’ora di punta, cullati da una voce che ci ricorda che va tutto bene.
Non c’è smania di dover stupire per colpire, preferendo il sussurrato al rumore di chi si scuote per nulla.
Non male l’esordio di Senna che sembra seguire le orme di Nicolò Carnesi e de I Quartieri, seppure un po’ più acerbo. Sarebbe bello se “Sottomarini”, più che un titolo, sia, per Carlo, Simone e Valerio il punto di partenza per scendere ancora più in fondo facendo attenzione a non dirottare sulla superficie di un iceberg, perdendo l’occasione di diventare una band interessante nello sviscerare le emozioni nella loro parte più profonda.