Tra forma e sostanza, “LIBERATO II” supera i confini dell’hype?
Per qualcuno si tratta di semplice casualità, altri invece argomenterebbero di chissà quale concetto di armonia a noi superiore e che, come tale, ci sfugge. Probabilmente il diretto interessato parlerebbe di ciorta, e per rendersi più comprensibile citerebbe la “fortuna”, nel suo personalissimo significato. Resta il fatto che credo abbia un senso tutto suo ritrovarsi proprio oggi a due passi da quel lungomare che ha ispirato canzoni restando cristallizzato anche nei videoclip: ritrovarsi proprio oggi a Napoli quando Liberato (il “diretto interessato” di cui sopra) ha reso da poche ore disponibile all’ascolto il suo secondo disco, intitolato “LIBERATO II” su quella falsariga di numeri romani e zero fronzoli stabilita dai Led Zeppelin negli anni ’70.
L’anonimo partenopeo dimostra per l’ennesima volta un tanto morboso quanto puntuale attaccamento ai riferimenti cabalistici, a quelle date che scandiscono ormai da cinque anni una storia la cui forma sembra inesorabilmente mutare, ma la sostanza resta essenza intatta e pulsante al giro di boa del primo lustro.
Sette tracce, ovviamente pubblicate nel modo più indipendente, autonomo, e scevro da dinamiche promozionali, che hanno visto la luce alle 23:57 del giorno di Liberato
I brani sono avvolti dal buio della notte, nelle atmosfere simili allo scenario che vide emergere il primo disco, e dai colori impressi sull’artwork di copertina, dove una mano si stringe attorno a una rosa prestando attenzione alle spine. Ad anticipare il tutto, solo un cambio di immagine profilo su Facebook e Instagram, precisamente alle 19:261, perché a prescindere dai trionfi sportivi “il cuore mi batteva/mo diceme pecché”. La fede resta, qualunque sia il risultato. Nel campo e non solo.
Quindi succede che te lo aspetti, che sai che sta per accadere e inizi a farti qualche domanda, magari proprio mentre clicchi play cercando di mantenere ordine al flusso di pensieri e provando a mitigare l’entusiasmo che ti prende dalla pancia. Nella mezz’ora scarsa di prova d’ascolto, il secondo Liberato espande il proprio cosmo abbracciando suoni “altri” rispetto all’urban della prima ora. C’è sempre una forte componente electro (innesco pronto a deflagrare nell’impegno live settembrino), ma trovano spazio stili che puntano la bussola verso l’America del Sud, chitarrini post-qualcosa un po’ tristi (sullo stile di “NIENTE“, per intenderci) e una spruzzata di folk per insaporire la portata.
Proprio questo punto focale attorno alle radici restituisce una testualità vivida, come ad esempio in “PARTENOPE” dove, nel giro di un post ritornello, si trova citato un trittico formato da “La Cammesella”,”Scalinatella” e “‘O ritratto ‘e nanninella”, brani che, per usare un eufemismo, qualche decennio alle spalle ce l’hanno. Ma a prescindere dalle reference, è il napoletano nella sua forma più elevata a vincere. E, senza perderci in sofismi da linguista, si può serenamente dire che leggere i testi e provare a decifrarli è sempre un esercizio piacevole, perché anche quando può sembrarci veramente poco da dire, è come lo dici a far tutta la differenza.
Te lo aspetti, ti piace, e le domande intanto crescono e si fanno ben definite. Una su tutte diventa dominante, e più o meno recita: questa storia continua ad avere senso?
La comunicazione ermetica, i mesi di silenzio che si alternano a pubblicazioni ponderate con precisione e puntualità chirurgica. Mesi, stagioni, fasi di vita sono scandite in modo più simile a una liturgia para-religiosa che al ciclo consueto di un’opera creativa. L’hype continua a esserci, perché Liberato restituisce sempre qualcosa; sia in termini di esperienza empatica verso le sue tracce sia per quanto riguarda un aspetto più leggero, finalizzato a farti evadere dalle tarantelle per il tempo che può durare un EP un pizzico più corposo. Cosa cambierebbe senza l’incerto, il mistero e la mancanza di volto non è dato saperlo. Non c’è da escludere che qualcosa in tale direzione possa accedere. Prima o poi.
Nel mentre, è un dato di fatto che tenere in piedi questo carrozzone per cinque anni non è roba da tutti. Liberato forse si sta giocando le ultime cartucce di stilemi espressivi assestati, conclamati e forse sotto certi punti di vista anche abusati. Chi vuol esser lieto, sia perché di doman non v’è certezza; sfido chiunque a dire che ieri, nonostante fosse tutto così prevedibile, vedersi piombare un disco fragrante non abbia svoltato il lunedì rendendolo una felicissima sera. Quindi, prendiamocela come viene… sbaglio o è proprio il diretto interessato a suggerire così in qualche sua canzone?
In copertina un'immagine reperita sul sito di Rolling Stone
[1] Anno della fondazione della Società Sportiva Calcio Napoli