Un altro capitolo nel romanzo di formazione di chi sta nella SAD
Il secondo album in studio della SAD – esatto, della SAD, e non dei La SAD, non scriveremmo mica dei La Rappresentante Di Lista, per dire – si intitola ODIO LA SAD, ed è un concept album sulla ribellione. Il disco è stato trainato dai due singoli rilasciati in precedenza, entrambi in featuring. SUMMERSAD 4, quarto capitolo della saga nata nel 2020, con Naska, e MEMORIA, con i bnkr44. Soprattutto, è stato anticipato dalla partecipazione al Festival di Sanremo 2024 con AUTODISTRUTTIVO, che li ha consacrati al grande pubblico, e forse sconsacrati in altri ambiti.
Prima di raccontare come suona il disco, o meglio, come suona il nuovo capitolo nel romanzo di formazione dei bimbi sad e delle bimbe sad, dobbiamo fare due o tre passi indietro, fino alla genesi della SAD.
Mi scuso in anticipo se non sarò breve, ma sono anni che nessuno vuole ascoltarmi parlare della SAD – non posso mica farmi sfuggire questa preziosa occasione.
Theø, Fiks e Plant – ovvero, la SAD – sono tre profili molto diversi. Non solo per il colore dei capelli che dà vita al tricolore della SAD, ma soprattutto per la provenienza geografica e musicale. Theø arriva dalla Lombardia, e ha alle spalle una carriera come chitarrista in gruppi metal e trap. Fiks è veneto, come tradisce il suo inconfondibile urlo di battaglia “daghe”, e il suo nome appartiene alla scena techno e al rap demenziale. Plant è pugliese, e viene dal rap.
Il loro incontro è stato mutualmente salvifico. Nella loro amicizia, hanno trovato qualcuno che finalmente riuscisse a comprendere e ad accogliere la loro identità travagliata. Hanno intravisto la possibilità di essere a loro volta un rifugio e di creare una comunità per tutti quelli che si sentono diversi – in due parole, per i bimbi e per le bimbe sad. Sono andati a vivere insieme durante il covid in un monolocale, il sad castle, e il resto è, più o meno, storia – se non lo è, certamente almeno non è noia.
Il primo disco della SAD, che si intitola STO NELLA SAD, rappresentò un punto di rottura nella scena musicale italiana.
Parlarne oggi, dopo la partecipazione a Sanremo e dopo ODIO LA SAD, è complicato. Quando uscì, spesi molto tempo a cercare di descriverlo agli amici che non lo conoscevano, e non avevano nessuna intenzione di ascoltarlo. Ho scomodato il pop punk, l’emo trap, i Finley, i Lost, i Blink 182, il teatro dell’assurdo, la figura retorica dell’iperbole. Oggi, credo che a nessuno vada spiegato che tipo di musica fa la SAD. Il Festival di Sanremo 2024 ha registrato il 70% di share e circa 14 milioni di spettatori – credo sia lecito assumere che la gente ne sia al corrente.
I testi del primo disco della SAD parlano di dipendenza dalle droghe e dagli psicofarmaci, di relazioni tossiche, di morte, di come non ci sia niente da fare quando le relazioni finiscono.
Il tutto con un linguaggio così estremizzato, volgare e violento che talvolta sembra impossibile prendere i testi sul serio. Specialmente se la produzione pop/emo/punk, spesso, ricorda molto più i Finley che i Discharge.
Per casualità del destino, ma soprattutto per decisione consenziente e reiterata, ho assistito a tre concerti della SAD.
Durante questi live, ho confermato la mia teoria che, almeno all’epoca, il pubblico raramente era lì perché si rispecchiava negli eccessi cantati. Certo, c’era una corposa porzione di ascoltatori letterali. Per lo più, però, l’audience era formata da quasi trentenni nostalgici dei tempi in cui 025613 era l’unico numero da urlare. Ma soprattutto, da quasi trentenni che non hanno mai vissuto un concerto degli Iron Maiden, e che hanno eletto la SAD come band dove praticare il pogo selvaggio. Alla fine, non importa se si appartiene al primo gruppo, al secondo, o a quello degli osservatori distaccati. I concerti della SAD sono delle esperienze misteriche, delle catarsi di gruppo, un memento che semel in anno (o tre volte, come nel mio caso) licet letteralmente insanire.
Sanremo, e ODIO LA SAD, hanno però sparigliato le carte in tavola, e creato una nuova narrativa della SAD.
Non che la precedente sia stata rimossa o superata. Accanto, tuttavia, ne è emersa una nuova, che è stata diffusamente discussa da loro nella conferenza stampa di presentazione del disco. Anche perché, quando alla SAD vengono rivolte domande che sono il copia e incolla di quelle poste alla conferenza dei Ricchi e Poveri, ecco, non c’è troppo posto per il punk e per la sovversione.
ODIO LA SAD è la risposta all’odio che il trio ha ricevuto in passato, e che in parte continua a ricevere. Durante la conferenza stampa, hanno raccontato di come le persone che li incontrano per strada abbiano iniziato ad assumere nei loro confronti un atteggiamento diverso. Tuttavia, persiste una porzione di pubblico conservatore che si scatena in campagne d’odio, culminate con l’esposto del Codacons, che hanno definito il momento più alto della loro carriera.
LA SAD ha deciso di prendere quest’odio e trasformarlo in arte, in potenza.
A partire dalla copertina del disco, che mostra i principali luoghi comuni di cui sono vittima, fino ai testi delle canzoni, che rispondono a questi messaggi. La mia professoressa di greco del liceo, una volta, mi disse che l’odio è un sentimento molto dispendioso, perché va alimentato e reiterato ogni giorno. Qualcuno, pertanto, potrebbe obiettare che nessuno su questo pianeta ha tempo e voglia di dedicare il proprio odio alla SAD. Al massimo, c’è spazio per qualche derisione e per l’indifferenza. Del resto, i recenti Festival di Sanremo ci hanno insegnato che, quando alcuni artisti controversi (si pensi, ad esempio, a Rosa Chemical) partecipano in gara, finiscono per piacere alle madri e per essere ammansiti.
Se vogliamo anche noi pensare che nessuno odia davvero la SAD, possiamo comunque intendere questo disco come una risposta a chi non la prende sul serio, sminuendo la portata dei loro messaggi e delle loro ambizioni, e la magnitudine della comunità che hanno saputo creare. E al Codacons, sì, anche una risposta al Codacons.
A livello musicale, ODIO LA SAD rappresenta un vero glow up del trio.
Gli arrangiamenti sono più elaborati, le linee melodiche alla chitarra composte da Theø, da cui originano tutti i brani, sono interessanti e non scontate. I testi sono più narrativi, più lirici, più ricercati rispetto al passato. I tre ne sono ben consapevoli – sono loro a parlare di glow up in conferenza stampa. La nuova identità a cui accennavo prima è dunque questa. Il punk della SAD è più pop (con le dovute eccezioni), e la produzione dell’album è molto curata, forse fin troppo.
Oltre alla musica, c’è molto altro in questa nuova era della SAD.
Una delle missioni apertamente dichiarate del trio è quella di creare del bene sociale, e di porsi come rifugio e appoggio per chiunque si senta emarginato o incompreso. Già durante il Festival, hanno iniziato una collaborazione con il Telefono Amico, per sensibilizzare sulla prevenzione al suicidio. Nei giorni della release del disco, il Telefono Amico è intervenuto con dei talk, portando avanti questa missione. Ci sono poi gli eventi aperti al pubblico, organizzati nei minimi dettagli, con una serie di giochi per sfogare la propria frustrazione, e ci sono le feste per i fan e gli addetti ai lavori. Sicuramente una trovata pop, probabilmente poco punk. Soprattutto, forse tutto questo “milanesismo” è poco compatibile con le pietre miliari come “il salone di bellezza della Sieeed” o “l’allenamento della Sieeed”.
Soprattutto però, ODIO LA SAD sono undici nuovi capitoli nel romanzo di formazione di chi sta nella SAD.
Di questi, ben sei sono in duetto. Se l’obiettivo della SAD è quello di arrivare a un pubblico quanto più ampio possibile, è bene appoggiarsi a chi, un pubblico affezionato, lo possiede e sa come parlarci. Non è un caso, infatti, che i sei featuring vedano la partecipazione di artisti e artiste con delle fanbase chiare e molto diverse tra loro.
C’è Rettore, con cui già a Sanremo i tre avevano duettato in LAMETTE. Ci sono Naska e i bnkr44, e le collaborazioni uscite prima dell’album. C’è Rose Villain, la loro “principessa colorata”, in NON LO SAI, unico brano che i tre hanno scritto singolarmente. In conferenza stampa, i tre hanno raccontato di una cena con lei e Giacomo Poretti, tra le risate del pubblico. Il pezzo possiede un inciso anti-climatico, ma tra i duetti inediti, è quello che funziona meglio. Ospiti del disco sono anche gli Articolo 31. Si conobbero durante LoveMi, e in quell’occasione, duettarono in Domani smetto. Nel disco, propongono GOODBYE, un pezzo scritto e cantato per guadagnare l’affetto dei nostalgici del duo.
Per finire, ci sono i Pinguini Tattici Nucleari, in MALEDETTA VITA. La collaborazione con Riccardo Zanotti è partita a Sanremo – il bergamasco è autore di AUTODISTRUTTIVO. I tre hanno raccontato della sintonia umana che si è creata tra loro, guidata dal gusto musicale ampio e inaspettato del frontman dei Pinguini. Nessuno lo mette in dubbio. Tuttavia, non sembra che sia stata trovata la formula magica per suggellare la commistione di questi due mondi – probabilmente non verrà mai trovata, ed è giusto così.
A saziare l’appetito dei fan della prima ora, ci pensano i pezzi solisti.
La title track, che elenca ironicamente i luoghi comuni d’odio ricevuti dal trio, è un manifesto programmatico convincente. SADGIRL è un atto secondo, più romantico e meno tossico, di PSYCHO GIRL. Chiude il disco FUCK THE WORLD, un punk puro e ruvido, figlio degli ascolti più hardcore di Fiks. Brano crudo che sfocia nello screamo, è un monito del fatto che è vero, ci sono i featuring, i release party, Sanremo – ma la SAD non sarà mai pop, non sarà mai mainstream.
Odio ogni forma di controllo / voglio più anarchia nel fottuto mondo / sogno di morire nel sonno / per non vedere più le vostre facce ogni giorno – questa è la SAD.
ODIO LA SAD, al di là di tutto, ci racconta una verità innegabile. Che volenti o nolenti, la SAD non si può ignorare.
E che chiunque vi entri in contatto, assume inconsapevolmente un ruolo nei loro confronti. Ci sono i bimbi sad della prima ora, i fan sfegatati, chi ha trovato in loro la comprensione della propria diversità, chi semplicemente ne apprezza la musica, i bambini che li scambiano per Pokémon, chi gli riconosce di portare avanti cause sociali necessarie. E poi c’è chi li odia, chi li detesta, chi li trova ridicoli, chi non vede l’ora che smettano di fare canzoni, chi vi è semplicemente indifferente.
Quello che penso io – e qua chiudo, lo prometto – è che chiunque dovrebbe andare, almeno una volta, a un concerto della SAD. Perché questi tre ragazzi hanno un merito invidiabile. La capacità di non snaturarsi, e di dare ogni millimetro di se stessi sul palco, creando un’esperienza memorabile, qualunque sia il grado di coinvolgimento che si vuole dare.
La SAD è qui per restare. Per chi non abbia ancora iniziato a prenderla sul serio – direi che è arrivata l’ora di farlo.
Filippo Colombo
Predico bene razzolando insomma, mi piace mangiare la pizza a colazione, odio i concerti dove si sta seduti.